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Clint Roberts
Rose Songs
[Carry On Music 2021]

Sulla rete: clintrobertsmusic.com

File Under: country rock, americana

di Fabio Cerbone (24/04/2021)

Volto pulito, una voce corposa e romantica che fa la differenza, ballate con un sapore elettro-acustico che echeggia heartland rock americano e radici country, Clint Roberts debutta in Rose Songs con una produzione in gran spolvero e il giusto compromesso tra suono mainstream e Americana dei nostri giorni. Non è un miracolo, ma le canzoni sfoderano il perfetto piglio melodico per centrare l’obiettivo e, sfrondato da qualche banalità lirica, Rose Songs è un buon biglietto da visita di un autore che dovrà decidere cosa fare da grande: se assecondare per forza le richieste dell’industria discografica di Nashville, dove naturalmente ha inciso l’album in questione, oppure mantenere i suoi spazi di manovra e la sua personalità, quella di un songwriter venuto dalla North Carolina con una valigia di canzoni e un solido retroterra.

Roberts si innamora degli strumenti acustici negli anni della scuola, a Brevard, piccolo centro della Carolina, impara le basi su ukulele e banjo, prima di passare alla chitarra e apprendere la tecnica fingerpicking. Si apre un mondo di possibilità nella composizione, che lo portano ad abbandonare il progetto The Fox Fire, formazione con la quale si era fatto le ossa nei suoi vent’anni. Comincia a esibirsi in solitaria e a farsi notare per il repertorio originale, finché non arriva la proposta di prendere un treno e approdare presso gli studi Ocean Way di Nashville. Qui nascono le ballad di Rose Songs, sotto la supervisione di Ben Fowler, ingegnere del suono con un percorso professionale di tutto rispetto (Eric Clapton e Lynyrd Skynyrd fra le collaborazioni), che esalta i toni portati al dramma d’amore e il morbido romanticismo country rock di Clint Roberts. L’attacco si rivela anche il frutto migliore di Rose Songs: Nero’s Waltz sceglie un taglio più sociale nelle liriche, seppure si mantenga sul vago, ma è il suono che trascina, un impasto di roots rock stradaiolo e melodia pop che tra chitarre, mandolini e pianoforte conduce dritti sulle highway americane. The Drifter smorza i toni con un leggiadro mix di acustiche e pedal steel, ma l’effetto avvolgente del canto di Roberts non scema di intensità.

Altro bel episodio che forma un trittico introduttivo di tutto rispetto insieme alla frizzante Nothing Left to Say, una slide dagli umori southern e quel suono accattivante e radiofonico che non guasta. Rose Songs prosegue sicurto con questa sceneggiatura, tra le dolcezze di Just Like Heaven, le blandizie acustiche di Annabelle e Broken Horns, il pop rock più rotondo e teso di Medicine, la scorrevolezza Americana di Amarillo, senza mai scadere in svenevoli eccessi, ma anche senza mai discostarsi dagli oliati meccanismi di un country rock dai colori mainstream. Sotto però covano buone qualità di autore e interprete, come dimostrano le due tracce aggiunte, versioni solo voce e chitarra acustica di Nero’s waltz e The Drifter, che tornano senza infingimenti al cuore folk di Clint Roberts.


    


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