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Adeem the Artist
White Trash Revelry
[Four Quarters Records 2022]

Sulla rete: adeemtheartist.com

File Under: the other side of America(na)


di Fabio Cerbone (19/12/2022)

Una delle sorprese più chiacchierate del mondo indipendente dell’Americana sul finire del 2022 è senz’altro questo secondo album di Adeem the Artist, nome “neutro” (negli articoli della stampa americana è utilizzata da tempo la declinazione plurale they) dietro cui si cela l’identità non-binaria (ovvero sia chi non si riconosce in una distinzione netta di genere maschile-femminile) di Adem Bingham, songwriter originario della North Carolina e ora residente in Tennessee, che con una fortunata campagna di raccolta fondi ha potuto dare forma compiuta alle canzoni di White Trash Revelry, coinvolgendo diversi talenti in studio di registrazione.

L’album è il seguito di Cast Iron Pansexual, successo locale che meno di due anni fa aveva svelato l'originale figura di questo musicista dalla evidente sensibilità sociale, attirato dalla sfida di utilizzare le regole tradizionali della roots music, del country rock e di quell’Americana dai profumi southern per trattare temi oggi dirimenti nella comunità, non solo statunitense, come l’identità sessuale, l’esclusione di razza ed economica, la memoria collettiva condivisa. Non c’è dubbio che gli aspetti biografici e i contenuti delle liriche siano il vero dato di “rottura” di Adeem the Artist: tra questi, la sua crescita in un ambiente conservatore come quello della Carolina (preso di petto nall’autobiografica apertura del brano omonimo), le difficoltà famigliari, con il trasferimento a seguito del padre a Syracuse, New York, quindi la complessa maturazione per accettare il proprio ruolo nel mondo, prima con una infatuazione religiosa, poi con il disvelamento della musica e la decisione di fare i conti con il proprio retaggio “sudista” (Heritage of Arrogance, Painkillers & Magic e Redneck, Unread Hicks sono tutti episodi che affrontano di petto queste temiatiche).

Tutto questo ed altro ancora emerge dalle canzoni, tra personale e sociale, di White Trash Revelry, album che ha ricevuto le attenzioni della stampa di settore (tra cui la nota No Depression) e ha definitivamente acceso i riflettori su Adeem the Artist per una innegabile singolarità (e attualità) nel porsi all’interno di un universo musicale solitamente accostato a valori più tradizionali. Resta tuttavia da giudicare anche e soprattutto la qualità della scrittura musicale e l’impatto di canzoni che sembrano avere una marcia in più quando Adeem the Artist abbraccia i tempi medi e l’intimità di ballate come la citata Carolina, For Judas, Baptized in Well Spirits, Middle of a Heart o il finale acustico di My America (bel racconto “al contrario”, mettendosi nei panni di una persona che fa fatica ad accettare il cambiamento del paese in cui è cresciuto), che potremmo facilmente accostare alla generazione dei vari Ryan Adams e Jason Isbell.

Questione di suoni, che incrociano al largo la lezione classica dell’alternative country (per esempio in Books and Records, altro bel ritratto di chi vive il contrasto fra i propri sogni e le spietate regole della società dei consumi), ma che spesso cadono anche in qualche cliché di troppo, scegliendo la spensieratezza e l’ironia honky tonk di Run this Town, quella rurale e bluegrass di Going to Hell (dove viene presa di mira l’educazione religiosa e sudista di Adeem) o il respiro heartland rock della citata Heritage of Arrogance. Insomma, se la presa di coscienza personale e la qualità dei testi di Adeem the Artist non sono minimamente in discussione, il dato musicale, niente affatto secondario, sembra avere ancora ampi margini di sviluppo. Aspettiamo dunque, in attesa di scoprire un nuovo promettente autore.


    


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