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Melissa Carper
Ramblin' Soul
[Mae Music/ Goodfellas 2022]

Sulla rete: melissacarper.com

File Under: old-time soul


di Davide Albini (07/12/2022)

Gioca con il passato Melissa Carper e non ne fa mistero. Credo non si offenderà se la descrivo come una convinta "tradizionalista", tutta concentrata nel riportare in vita una sorta di retro sound americano, quello che domina le registrazioni del suo nuovo album, Ramblin’ Soul. Inciso a Nashville, negli studi del quotato produttore Andrija Tokic (St. Paul & The Broken Bones, Hurray For The Riff Raff, Jeremy Ivey e molti altri), e con la collaborazione di ottimi musicisti quali il bassista Dennis Crouch, il chitarrista (anche steel guitar) Chris Scruggs e le colleghe Sierra Ferrell e Brennen Leigh ai cori, il disco è un tuffo vero e proprio nella memoria, quando il country abbandonava la campagna e cominciava ad elettrificarsi, ma coesisteva ancora con gli altri suoni urbani dello swing, del jazz, del boogie, creando una miscela accattivante che ha posto le fondamenta di quella che oggi chiamiamo Americana.

La Carper, che arriva dal Nebraska, dove ha studiato musica al college, innamorandosi di Jimmie Rodgers, Leadbelly, Hank Williams, Loretta Lynn e Billie Holiday, si ritrova oggi ad Austin, Texas dopo avere girato mezzo paese (New Orleans e New York fra le sue tappe intermedie). Nasce come contrabbassista nel trio delle Carper Family (fin troppo evidente il richiamo alla più famosa famiglia del country americano, i Carter), per intraprendere poi una carriera solista indipendente che soltanto oggi, a più di dieci anni dai primi passi, sembra raccogliere le giuste attenzioni. Quello che colpisce al volo è quella voce, dall’amico Chris Scruggs definita scherzosamente “HillBillie Holiday”, a rendere comunque bene l’idea dell’inflessione e delle sfumature del cantato, uno stile che emerge dalla stessa prima traccia, l’omonima Ramblin’ Soul, una specie di Hank Williams rivisitato in chiave femminile, e si addentra sempre più, strada facendo, nelle coinvolgenti trame boogie di Zen Buddha, in quelle romantiche di Ain’t a Day Goes By, ballata soul sostenuta da cori, organo e pianoforte, per giungere al saltellante western swing di Texas, Texas, Texas, palese omaggio alla terra che l’ha adottata in questi anni.

Disco divertente, suonato con gioia e una qualità strumentale impagabile, Ramblin’ Soul mi ha ricordato un po’ le operazioni messe in atto da personaggi come Wayne Hancock o Paul Burch, per citare figure maschili di musicisti che hanno indicato una simile rotta verso il passato della country music. Melissa Carper è molto convincente nel ruolo e non sarò io a rompere il suo incantesimo, che pare averla catapultata in un’altra epoca, senza preoccuparsi minimamente di apparire attuale: a dimostrarlo ci sono il rock’n’roll primordiale di 1980 Dodge Van e I Do What I Wanna, i dolcissimi valzer da luna piena di That’s My Only Regret e I Don’t Need to Cry, il vispo honky tonk di Boxers on Backwards, e ancora il blues di Holding All the Cards, spalmato di note swing dal clarinetto di Rory Hoffman.

Per quale motivo poi la nostra Melissa si dovrebbe adattare alla modernità non si capisce, vista la bravura nel dominare questi linguaggi. Certo, potremmo sempre chiederci perché ascoltare una romanticheria come From What I Recall e non andare invece direttamente alla fonte, Patys Cline e dintorni, ma l’amore e la dedizione nel rivivere quelle sonorità restano fuori discussione, come anche la capacità a volte di sorprendere: valga come esempio la cover di Hit or Miss di Odetta, che se non altro conferma il buon gusto di Melissa Carper.


    


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