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Dean Owens
Sinner's Shrine
[Eel Pie records/ CRS 2022]

Sulla rete: deanowens.com

File Under: from Scotland to New Mexico


di Pie Cantoni (19/02/2022)

La linea dell’orizzonte che si percepisce in lontananza tra la brughiera scozzese non è certo la stessa che si può scrutare nelle terre aride dell’Arizona o del New Mexico, ciononostante Dean Owens, nativo di Leith in Scozia, si lascia affascinare dall’immaginario del confine tra Stati Uniti e Messico e dalle influenze musicali che ne conseguono. Ma non è un mero e semplice disco di “desert session” questo Sinner’s Shrine: sicuramente ci sono influenze di Calexico e Grant Lee Buffalo (che in vario modo hanno contribuito a questo lavoro), ma vengono miscelate alla tradizione folk e delle ballate popolari di stampo scozzese.

Il disco, ottavo in carriera, è un punto di arrivo nella carriera di Owens, non solo per la forte influenza di una certa musica americana e ispanica di confine, ma anche per la presenza di membri dei Calexico, di Grant-Lee Phillips e del musicista guatemalteco Gaby Moreno. Dopo una serie di EP nel 2021, chiamati The Desert Trilogy, Sinner’s Shrine, registrato a Tucson, continua il percorso intrapreso e la forte infatuazione con lo scenario desertico che diventa una parte integrante e fondamentale del suo songwriting. Per l’uscita ufficiale verrà pubblicato congiuntamente da Eel Pie Records e da Continental Record Services (per il mercato europeo). Undici brani in tutto, in cui Joey Burns presta chitarra e voce e John Convertino batteria e percussioni. La partenza con Arizona vuole impostare il mood del disco sin da subito: atmosfere sospese, aria di viaggio e lunghi orizzonti mentre trombe mariachi ne contornano i profili. The Hopeless Ghosts, più desertica, con lap steel e chitarre riverberate, è la giusta continuazione della precedente.

Ovviamente le sabbie che dividono States da una parte e Messico dall’altra (ben descritti da Cormac McCarthy) sono le ispiratrici di New Mexico, di pura matrice Calexico, con fisarmonica che ci ricorda anche in qualche modo i Los Lobos e il loro sapiente mischiare generi e latitudini. Più mesta, Companera, che si muove al passo lento e strascicato di rumba. In La Lomita, i ritmi latini sono sempre in forte risalto (ma niente che non abbia già fatto Tom Waits e una discreta schiera di imitatori dopo di lui), così come in Land Of The Hummingbird (e qui potremmo citare il Carlos Santana dei tempi più recenti). La chiusura con After The Rain è però tutta in ambito folk inglese, con aria dimessa e toni malinconici, come per ricordarci che alla fine, there’s no place like home.

Sicuramente Dean Owens è un troubador moderno, un poeta itinerante che ci fa vedere come la distanza tra Scozia e Messico non è poi così incolmabile come sembra e che, alla fine, una storia, se è buona e ben narrata, regge sia fra gli sferzanti gelidi venti del Mare del Nord, sia tra le torride folate cariche di sabbia del Santa Ana nel Mojave californiano.


    


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