Altro nome che si va ad aggiungere alla lunga lista
di giovani talenti che stanno ridando slancio alla country music in queste
stagioni, David Quinn trova la sintesi del suo gesto musicale nello
stesso titolo del terzo album solista in carriera, Country Fresh.
Di una boccata di aria fresca si tratta, sebbene il nostro ci tenga a
definire il suo stile con un più accattivante e misterioso “Black Dirt
Country”, come a dire l’appartenenza a un mondo rurale, quello della provincia,
che diventa qui una categoria non solo musicale ma oseremmo dire dell’anima,
con quei ritratti di gente semplice e quello spirito operoso che pervade
storie su amori e desideri perduti, su miglia percorse e incontri avvenuti
sullo sfondo del vasto Midwest.
Da lì proviene David Quinn, nativo dell’Illinois, cresciuto a Chicago
e soltanto di recente trasferitosi nella campagna dell’Indiana, in uno
studio improvvisato fra i boschi alla ricerca di quella “autenticità”
tanto agognata da questo tipo di songwriter. Il risultato è Country
Fresh, un album di svelti honky tonk elettrici, sobbalzi dai profumi
bluegrass e ballate dal candore agreste che può ricordare da vicino il
percorso di colleghi quali Tyler Childers (il più affine) e Sturgill Simpson.
Quinn, che ha esordito nel 2019 con Wanderin’ Fool, non gode al
momento della stessa personalità, né nella voce né nel songwriting, ma
possiede sufficiente verve per attirare le attenzioni di chi apprezza
questa rinascena country verace. Il merito è da dividere in parti uguali
con la band, un parterre di tutto rispetto che mette insieme musicisti
di prima qualità dell’altra Nashville, tra i quali emergono le chitarre
di Laur Joamets (Drivin N Cryin, Sturgill Simpson) e Jamie T. Davis, il
violino, nonché dobro e banjo, di Fats Kaplin (John Prine, Jack White
e mille altri), il piano di Micah Hulscher (Emmylou Harris) e la pedal
steel di Brett Resnick (Kacey Musgraves).
Con le spalle coperte e un’idea precisa di quello che vuole raccontare,
David Quinn ci invita al ballo del saloon aprendo con il manifesto della
stessa Country Fresh, baldanzoso honky
tonk che si trascina appresso l’hillbilly e il violino incalzante di
Low Down, ennesimo “lamento” da vagabondaggio americano. Se immagini
e tematiche sono fedeli alla tradizione, con Quinn che cita il solito
John Prine tra le fonti di ispirazione (ma andrebbero aggiunti Waylon
Jennings e Dwight Yoakam), la musica è il simmetrico accompagnamento di
tali ritratti: I Came Back to You (To say Goodbye) e I Just
Want to Feel Alright aprono spazi di romanticismo e malinconia in
forma classica di ballata, Cornbread and Chili
spezza con un po’ di ironia culinaria e con il suo ritmo da country da
aia, Down Home e Boy from Illinois fanno autobiografia sugli
accenti del solito honky tonk elettrico, Grassy
Trails prende dritta la strada per il Texas e tutti i fuorilegge
là fuori, Heartland e l’indemionata Easy
Like the Breeze tornano a far circolare hillbilly music e fragranze
bluegrass prima che il pizzicare acustico di Hummingbird’s Song
chiuda la scaletta con il giusto raccoglimento del folksinger testimone
della sua terra. Onesto e divertente.