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Jared Dustin Griffin
Battle Cry Mercy
[Need To Know/Singular Recordings 2023]

Sulla rete: jareddustingriffin.com

File Under: country-rock storyteller


di Remo Ricaldone (10/01/2024)

Questo per Jared Dustin Griffin è al tempo stesso il debutto solista dopo anni di gavetta da frontman di svariate band e una rinascita personale ed artistica dopo una lunga lotta contro problemi di salute mentale e dipendenze. Un disco che mette in luce una personalità tormentata ma in grado di esprimere una poesia lucida ed intensa, che passa attraverso una canzone d’autore roots in bilico tra folk, country e cenni ‘southern’ come nella solida Bleed You Away, dalle tonalità gospel.

Voce inevitabilmente sofferta e roca che mi ha subito rimandato alle prime cose di Ryan Bingham e che a certa critica d’oltreoceano ha ricordato addirittura Captain Beefheart e Chuck E. Weiss in un contesto sonoro comunque diverso, Jared Dustin Griffin da Portland, Oregon ha intagliato queste dieci canzoni nel puro legno del suo Stato natale, mostrando qualità limpide sottolineate da una produzione giustamente essenziale, a cura di Brian Brinkerhoff e del bassista Frank Swart.

Battle Cry Mercy
parla di solitudini, di ansie, del non avere un tetto sotto il quale vivere, delle sofferenze portate dall’uso di sostanze più o meno legali, ma anche di redenzione, di speranza e della lotta per la sopravvivenza, canzoni dall’afflato autentico e sincero messo subito in campo con l’iniziale, splendida e significativa, My Name Is Cannonball. La ricetta è quella di molti nomi citati negli anni qui su Roots Highway, quella di un cantautorato legato a filo doppio alle radici del suono americano tra folk, country e americana; la differenza è tutta nella qualità di una scrittura ispirata e profonda e nella capacità di esprimere gli stati d’animo in maniera autorevole e vera.

E qui c’è la bellezza di brani come Sweet Ol’ Loneliness imbevuta di umori country, della breve e gustosa Little Arrows dal taglio tradizionale, la ruvida e struggente Hold My Troubles con un’armonica che penetra nell’anima, la suadente Black & Gold attraversata da un’ispirata fisarmonica e dall’organo hammond di Stefano Intelisano e dell’orgogliosa e più ‘rockeggiante’ Bottle On The Stove. Quanto basta per celebrare un nome da tenere d’occhio se avete un debole per gli storytellers credibili e spontanei.


    


<Credits>