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Sunken Lands
Sunken Lands
[Sunken Lands 2023]

Sulla rete: sunkenlandsband.com

File Under: dutch alt-country


di Giovanni Andreolli (01/06/2023)

Sunken Lands (le terre sommerse) è il nome dell’esordiente gruppo olandese che suona con le sue corde il roots rock americano più classico, in un inglese pulito e privo di accenti (come del resto è consuetudine da quelle parti d’Europa). Nome più che adatto, visto il luogo di provenienza della formazione: una regione che, guardando al futuro e pensando alle conseguenze del cambiamento climatico, rischia di venire seriamente sommersa dalle acque del mare del Nord.

Comunque, nome a parte, i Sunken Lands, in questo lavoro omonimo, si attengono totalmente alla musica americana più tradizionale, anche nella strumentazione (c’è, per esempio, la classicissima pedal steel, suonata da Marcel Gerritsen), e nell’immaginario evocato attraverso i testi, quasi tutti scritti dal batterista Jaap Vissering. Infatti, dando uno sguardo a questi ultimi, tematiche come angeli, demoni, l’alcool distruggi-vite (The Damage is Done), lunghe strade solitarie, percorse alla luce del sole o in notturna When the Nights Are Short), il racconto di vite umane vagabonde nello spazio e nel tempo – “I’ve been on many crossroads in my life, not sure about the choices that I made […] but I have no regrets, ‘cause I can’t turn back time, take things as They come” (da Crossroads) - costituiscono l’ossatura immaginativa dell’intero disco.

I momenti migliori dell’album, a mio parere, sono l’acustica e nostalgica Not a Cloud in the Sky, che rievoca un passato felice, l’infanzia – “I only remember sunny days, and I never lacked anything” -, e il duetto I’m Leavin’ (I just don’t know when), scritto, questa volta, dal cantante Edwin Jongedijk e dal chitarrista Rowdy Prins, dove i due amanti, interpretati rispettivamente da una voce maschile e da una femminile, si promettono, sembrerebbe vanamente, di lasciarsi. Mettendo pure tra parentesi i brani preferiti dal sottoscritto, l'omonimo Sunken Lands è un album piacevole, che si ascolta senza correre il pericolo di annoiarsi, perché i brani sono diversi tra loro, una buona mescolanza tra episodi più rockettari, come We Take It for Granted, e momenti più acustici, ma uniti dalla buona alchimia che guida i cinque membri del gruppo.

I contenuti di Sunken Lands sono semplici, non c’è niente di nuovo, non c’è nessun elemento distintivo particolare o originale, neanche dal punto di vista musicale, eppure resta un buon album, se preso proprio nella sua naturalezza, che merita un’opportunità. Consigliato.


    


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