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Chip Taylor
Behind The Sky
[Train Wreck/ CRS 2024]

Sulla rete: trainwreckrecords.com

File Under: Lezioni di vita e di folk rock


di Gianfranco Callieri (23/04/2024)

Prima di mettermi a scrivere queste righe, ho provato a interrogare l’archivio di RH scoprendo, con imbarazzo, di essermi occupato spesso del nostro Chip Taylor e di averlo fatto, per di più, in linea di massima liquidandolo come ipertrofico (nel numero delle uscite) e indisponente (nella monotonia espressiva). Al fatto di essere, io, un pomposo imbecille, purtroppo non c’è rimedio, ma avendo riascoltato (quasi tutti) gli album dell’autore, perlomeno quelli pubblicati sotto l’egida della sua Train Wreck, posso dire di aver messo nero su bianco le emerite sciocchezze in cui s’inciampa quando si ascoltano troppe cose e lo si fa troppo velocemente, senza prestare la dovuta attenzione.

Perché se non vi piace la musica americana, allora c’è poco da fare (e state probabilmente compulsando il sito sbagliato), mentre nel caso opposto, se siete affezionati, insomma, all’idea popolare della canzone come racconto di sé e del respiro una nazione, be’, in tal caso è giusto sappiate che esistono poche carriere qualificate dalla coerenza, dai risultati e dalla continuità di quella di Taylor. Soprattutto se, in mezzo ai fisiologici alti e bassi di una produzione comunque fluviale, riuscite a trovare il tempo, la pazienza e le condizioni d’ascolto necessarie affinché le sfumature di senso, la costante malinconia rootsy, il lento e sapiente articolarsi delle melodie, dei versi e delle strofe, riescano infine a conquistare la vostra attenzione, a radicarsi nei vostri ascolti per non uscirne più. Dischi, giusto specificare anche questo, tutti bellissimi e uguali, tutti confezionati all’insegna di un linguaggio folk-rock piuttosto scarno (benché in genere vivacizzato da qualche misurato intervento strumentale da parte di esecutori di prim’ordine), tutti riguardanti le contraddizioni e gli splendori del mondo circostante, tutti caratterizzati da prestazioni vocali afferenti alla dimensione non del canto in senso proprio, ma a un ruvido talkin’ senza alcun abbellimento.

Nato a New York nel 1941, Chip Taylor (al secolo James Wesley Voight, fratello dell’attore Jon e quindi zio di Angelina Jolie) ha dato alle stampe, dal ’96 a oggi, più di 20 lavori diversi (e sicuramente ne ho perso qualcuno). Trent’anni fa veniva dall’essersi cimentato, nei ’70, con l’attività di cantautore (con la quale non aveva ottenuto alcun successo, per sé, pur avendone riscosso moltissimo grazie alle interpretazioni dei colleghi) e dall’avervi rinunciato per dedicarsi, da professionista, al gioco d’azzardo. Si era rimesso a cantare per dare conforto ai giorni estremi della madre Barbara, allora morente, prendendoci poi abbastanza gusto da siglare un contratto di distribuzione con la Gadfly - minuscola sebbene ancora attiva etichetta del Vermont - prima di mettere in piedi una casa discografica autogestita.

Tutto questo per sottolineare come in Behind The Sky non troverete nulla di diverso rispetto ai lavori precedenti, se non le condizioni del suo artefice al momento di realizzarlo, ovvero nelle settimane seguenti alla dimissione dall’ospedale in cui gli era stato trattato con successo, tramite chemioterapia e radiazioni, un tumore alla gola potenzialmente letale. Siccome, tuttavia, per uno come Taylor le difficoltà del vivere non sono solo impedimenti ma fonti d’ispirazione, ecco l’intero progetto trasformarsi, poco alla volta, in una struggente dichiarazione d’amore per la presenza della moglie Joan (appunto la Nurse Joan, "l’infermiera Joan", del brano omonimo), per i dottori capaci di salvargli la vita (tutti ringraziati all’inizio di George In Radiation), per i musicisti al suo fianco da anni (mai chiamati per nome, nelle canzoni, così spesso, soprattutto quel John Platania la cui sei corde ha spesso campeggiato sui dischi di Van Morrison), per le persone scomparse (la genitrice di Momma Was The Queen, il John Prine citato in lungo e in largo) e per quelle ancora presenti (tutti i consanguinei e conoscenti di Hey Skip Along With Me).

Dai cori domestici dell’ultima traccia alla tenerezza dai contorni gospel di If A Door Slams In Prison, dalla gratitudine spirituale dell’intensa The Blessing all’incedere soffice e jazzato di Without Hearing, dai ricordi d’infanzia di Other Side Of The Moon al folk elettroacustico della stupenda Speakin’ Of Horses, col suo dialogo tra pianoforte e chitarra elettrica, non un solo passaggio di Behind The Sky deroga alla volontà di ricostruire, dalle macerie della vita quotidiana, una via di serenità lastricata da valori e relazioni. E cos’altro dovrebbe fare, in fondo, un linguaggio musicale come quello del folk-rock, per sua natura attento, più di altre forme d’espressione, all’immaginazione, ai sogni e alla fantasia?

La scrittura di Chip Taylor si conferma in grado di parlare e consolare (in senso etimologico: "stare con chi è solo") non solo gli estimatori, ma anche e soprattutto i neofiti. Perciò, per quel che può contare, sarei felice se questa recensione valesse come lettera di scuse e di stima incondizionata.


    


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