Ho perso il conto degli album che ho avuto il privilegio
di recensire di quella che considero una delle voci più belle ed interessanti
dell’intera scena Americana degli ultimi dieci anni. Il perché è presto
detto e deriva dal mio personalissimo modo di intendere la musica come
dispensatrice di emozioni. E queste di solito sono strettamente collegate
alla capacità di chi scrive canzoni di saper raccontare la parte più intima
della propria umanità, senza veli, senza filtri, comprese tutte le debolezze
e quelle cose che forse “non converrebbe dire”. Lynne Hanson, canadese
di Ottawa, col passare dei dischi (con questo nuovo Just A Poet
è arrivata al nono), oltre a questa propensione ad aprire se stessa a
beneficio dell’ascoltatore più attento, ha anche saputo affinare la capacità
di abbinare ai testi melodie progressivamente sempre più avvolgenti.
In questa occasione, in studio si è affidata a Jim Bryson (già produttore
di Kathleen Edwards), col risultato di ottenere un disco dal sound elettro-acustico
piuttosto essenziale, con pezzi vestiti di volta in volta con l’abito
che risultasse più idoneo a raggiungere un livello estetico mediamente
alto. Se prendiamo, per esempio, la title track, ballata incredibile che
parte col piano e si arricchisce di pochi altri strumenti, è come una
carezza al cuore dal testo agrodolce (“I keep looking for something I
can’t find / I’m on the wrong side of the double line / A single shell
abandoned on the beach”) e che uno non si stancherebbe mai di risentire.
Con il singolo Can’t Let Go la Hanson, stavolta con un ritmo leggermente
più sostenuto, ci racconta di un vecchio amore passato che la protagonista
del brano sembra non riuscire a dimenticare con tanta facilità. Altro
brano che considero sicuramente un highlight è Spray
Paint, dal mood spensierato, che riprende in parte la svolta
stilistica dell’ultimo album Ice
Cream In November, forse il più radiofonico della sua carriera, e
che racconta scene di alti e bassi in un rapporto di coppia.
Come sempre con i dischi di Lynne è difficile
scegliere le canzoni con una marcia in più, vista la qualità, ma dovendo
rispettare il dovere di sintesi non posso non citare l’intensa About
Yesterday, scritta con Blair Michael Hogan, musicista col quale
di solito gira per i palchi formando un duo (recentemente è tornata nel
nord Europa, dove ho avuto modo in passato di vederla suonare diverse
volte). Proprio durante il concerto del penultimo tour, uno dei pezzi
inediti presentati fu Light In Me
che mi lasciò subito col desiderio di poterlo presto mettere sul mio stereo.
C’è tutta la capacità di questa artista di dirti quanto sia difficile
per ognuno di noi saper scovare quella parte dentro che illumini l’altra,
quella più oscura, e nel contempo di riuscire a realizzare il più grande
desiderio di ogni essere umano: sentirsi amato. Just a Poet: Nomen
Omen.