La sigla ci suggerisce un collettivo musicale più
che un singolo autore, ma in verità canzoni e voce poggiano sulle spalle
del solo Matt Mitchell, songwriter attivo soprattutto sulla scena
della costa ovest del Pacifico, tra Oregon e stato di Washington. Obvious
Euphoria è il suo quarto lavoro discografico, un ep di esordio
nel 2019 e in particolare due album nell’arco del 2022 che lo hanno fatto
conoscere a livello locale, passando dal suono acustico in trio di
Captive of the Mind a quello più elettrico e full band di Ramona.
Anche Obvious Euphoria sceglie fortunatamente quest’ultima soluzione,
con la presenza di Luke Ydstie e Katy Clabborn dal gruppo The Hackles,
Ben Walden proveniente dai Taco Tapes e altri musicisti che hanno collaborato
in formazioni del circuito indie rock e americana come Desolation Horse
e Blind Pilot.
Un suono che tuttavia si mantiene essenziale e riflette la basilare scrittura
country folk di Mitchell, un discepolo di John Prine in tutto e per tutto,
ennesima dimostrazione di quanto l’immensa figura di quest’ultimo sia
stata e continui ad essere un punto di riferimento per le generazioni
di musicisti di area roots. Basterebbe l’agrodolce apertura di Hourglass
per collocare Matt Mitchell nel solco di questa tradizione, ballata dal
tono introspettivo, come gran parte del disco farà emergere, che alterna
un songwriting personale, autobiografico, con liriche più sensibili invece
al commento sociale, dalle quali spunta, per esempio, il country rock
dalle tonalità bluesy di Bootstrap Nation,
probabilmente l’episodio migliore dell’intero Obvious Euphoria
in coppia con l’affascinante Meantime, caratterizzata dall’elegante
presenza del clarinetto e naturalmente da un bel dialogo fra chitarre
acustiche ed elettriche.
Gli arrangiamenti sono funzionali alle storie che Matt vuole far risaltare,
una vagabondare sincero e anche doloroso attraverso il paesaggio umano
dell’America di oggi che la sua voce dimessa, dolciastra sebbene non eccezionale
per presenza scenica, sottolinea quasi si trattasse di descrivere ciò
che lo circonda e che ha fatto breccia nella sua anima. È un po’ la caratteristica
di questo tipo di country folk d’autore, che però grazie al supporto delle
altre voci dei musicisti coinvolti e alla semplicità dei loro interventi
strumentali, rende piacevolissimo il viaggio di Obvious Euphoria,
dalla delicata melodia di Kerosene (in contrasto con gli interrogativi
che pone il testo della canzone) all’ironica Country Gonna Kill Me
(che è John Prine all’ennesima potenza, va ammesso), per approdare
a ballate più soffuse come Is It Better e la conclusiva All
in Good Time, sempre contrassegnate dall’interessante impiego delle
seconde voci, del clarinetto e a volte anche del violino, addolcendo un
poco il racconto di questo ennesimo loner americano.