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Marques Morel
Tales and Tellings
[Edgewater Music Group 2024]

Sulla rete: marquesmorel.com

File Under: country troubadour


di Fabio Cerbone (11/01/2025)

È curioso che fra le tante leggende del passato scomodate per descrivere la musica di Marques Morel non compaia mai il nome di Waylon Jennings, o quanto meno non ne accennino le note biografiche ufficiali che accompagnano questo suo nuovo album, Tales and Tellings. Certo, la voce baritonale e così densamente country non può che rievocare il fantasma di Johnny Cash, e vanno bene anche i riferimenti (andrebbero bene un po’ per qualsiasi folksinger, a dire il vero) a Woody Guthrie e Hank Williams, ma che ci azzeccano Townes Van Zandt (ormai citato a sproposito) e addirittura il buon John Stewart, vai a capirlo!

È molto più semplice far partire la narrazione country blues di Crazy Out There o lasciarsi in seguito cullare dal valzer di Litter of 3 per avere la conferma che l’outlaw texano aleggi come uno spirito randagio sulla gran parte delle composizioni di Morel, un musicista di quelli cresciuti alla vecchia scuola, ispirato dalla strada, dal vagabondare perenne, dall’esperienza e dai volti incontrati lungo il viaggio. Il suo Tales and Tellings, sincero fin dal titolo, è un disco di dieci “anticaglie” country d’annata che riconcilia con l’arte povera e più cruda del genere, quella che, per scomodare un altro indimenticato fuorilegge della “stella solitaria”, manca dai giorni in cui Billy Joe Shaver ha lasciato questa terra (nel caso rivolgersi a un'apocrifa Porch Songs). Le solide radici honky tonk e il suono elettro-acustico ridotto all’osso hanno studiato sicuramente a quella scuola, come potrebbero ribadire i racconti di Gas Station Girl o Woodpiles on My Mind, mentre di tanto in tanto la band spinge il vocione di Morel verso il deserto e la polvere del West, come accade nel country noir di Drive all Night o persino nelle spirali psichedeliche di una acidula Cactus Blues.

Roba tosta, canzoni che poggiano su spalle quadrate e un personaggio, Marques Morel, che non appare costruito a tavolino, almeno stando alla sua stessa biografia: figlio dell’Illinois più agricolo, campi di mais a perdita d’occhio, e una vocazione a girare gli States e il mondo facendo la vita del busker, suonando dove trova ospitalità e altrettanto lavorando in qualsiasi situazione gli si presenti (anche il boscaiolo, guarda unn po’). Quanto ci sia di genuino o di romanzato perde in fondo di importanza quando attaccano brani come Fruit on the Trees o una Lone Rooster Blues che sta esattamente fra il Johnny Cash delle ballate del West e il Marty Robbins di quelle dei pistoleri. Un po’ del merito andrebbe diviso con il bravo e ormai quotato Andrija Tokic, che ha prodotto il disco nei suoi studi Bomb Shelter di Nashville con ottimi musicisti tra cui spiccano Bo Coleman (chitarre), Billy Contreras (fiddle) ed Ellen Angelico (lap & pedal steel, mandolino) portando Morel fuori dall’anonimato delle sue prime produzioni indipendenti.

Altra bella dimostrazione di salute dell'altro lato della giovane country music: mettetelo di fianco a Charley Crockett nella vostra collezione personale.



<Credits>