È curioso che fra le tante leggende del passato
scomodate per descrivere la musica di Marques Morel non compaia
mai il nome di Waylon Jennings, o quanto meno non ne accennino le note
biografiche ufficiali che accompagnano questo suo nuovo album, Tales
and Tellings. Certo, la voce baritonale e così densamente country
non può che rievocare il fantasma di Johnny Cash, e vanno bene anche i
riferimenti (andrebbero bene un po’ per qualsiasi folksinger, a dire il
vero) a Woody Guthrie e Hank Williams, ma che ci azzeccano Townes Van
Zandt (ormai citato a sproposito) e addirittura il buon John Stewart,
vai a capirlo!
È molto più semplice far partire la narrazione country blues di Crazy
Out There o lasciarsi in seguito cullare dal valzer di Litter
of 3 per avere la conferma che l’outlaw texano aleggi come uno spirito
randagio sulla gran parte delle composizioni di Morel, un musicista di
quelli cresciuti alla vecchia scuola, ispirato dalla strada, dal vagabondare
perenne, dall’esperienza e dai volti incontrati lungo il viaggio. Il suo
Tales and Tellings, sincero fin dal titolo, è un disco di dieci
“anticaglie” country d’annata che riconcilia con l’arte povera e più cruda
del genere, quella che, per scomodare un altro indimenticato fuorilegge
della “stella solitaria”, manca dai giorni in cui Billy Joe Shaver ha
lasciato questa terra (nel caso rivolgersi a un'apocrifa Porch Songs).
Le solide radici honky tonk e il suono elettro-acustico ridotto all’osso
hanno studiato sicuramente a quella scuola, come potrebbero ribadire i
racconti di Gas Station Girl o Woodpiles
on My Mind, mentre di tanto in tanto la band spinge il vocione di
Morel verso il deserto e la polvere del West, come accade nel country
noir di Drive all Night o persino nelle spirali psichedeliche di
una acidula Cactus Blues.
Roba tosta, canzoni che poggiano su spalle quadrate e un personaggio,
Marques Morel, che non appare costruito a tavolino, almeno stando alla
sua stessa biografia: figlio dell’Illinois più agricolo, campi di mais
a perdita d’occhio, e una vocazione a girare gli States e il mondo facendo
la vita del busker, suonando dove trova ospitalità e altrettanto lavorando
in qualsiasi situazione gli si presenti (anche il boscaiolo, guarda unn
po’). Quanto ci sia di genuino o di romanzato perde in fondo di importanza
quando attaccano brani come Fruit on the Trees o una Lone
Rooster Blues che sta esattamente fra il Johnny Cash delle
ballate del West e il Marty Robbins di quelle dei pistoleri. Un po’ del
merito andrebbe diviso con il bravo e ormai quotato Andrija Tokic,
che ha prodotto il disco nei suoi studi Bomb Shelter di Nashville con
ottimi musicisti tra cui spiccano Bo Coleman (chitarre), Billy Contreras
(fiddle) ed Ellen Angelico (lap & pedal steel, mandolino) portando Morel
fuori dall’anonimato delle sue prime produzioni indipendenti.
Altra bella dimostrazione di salute dell'altro lato della giovane country
music: mettetelo di fianco a Charley Crockett nella vostra collezione
personale.