C’è del blues anche oltre confine, in quella terra
canadese che sembrerebbe in apparenza così distante dall’iconografia classica
del Delta del Mississippi. Lo abbiamo imparato in tanti anni di frequentazione
di musicisti, anche ingiustamente poco noti, che hanno contribuito ad
arricchire la scena locale con ottime prove discografiche. Si inserisce
in questo filone Alfie Smith, barbuto chitarrista di Hamilton,
Ontario, che scopro soltanto oggi avere una carriera più che ventennale,
inaugurata nel 1998 con il debutto omonimo e proseguita da solo o in coppia
con la compagna Nicole Christian, insieme alla quale ha firmato il precedente
Come On In My Kitchen. Sempre le note biografiche ci ricordano
però che Smith, presenza assidua tra festival e club in madre patria,
mancava all’appello di un nuovo album da quasi dieci stagioni, senza spiegarne
davvero le motivazioni.
Fa dunque piacere scoprirlo con questo Every Rome Needs a Nero,
che nei suoi dieci brani e nella breve durata riesce e sintetizzare bene
la proposta del chitarrista e autore, un country blues di partenza sul
quale si innestano suggestioni da Louisiana, per la presenza massiccia
della tromba di Troy Dowding negli arrangiamenti, oltre a qualche ballata
dai profumi Americana (Sweet Persephone e la delicata melodia di
Stupid Fool) e più in generale uno stile sul quale mi pare non
indifferente l’ispirazione di un personaggio come Tom Waits. Viene facile
l’accostamento - con tutte le distanze possibili di qualità del songwriting,
sia chiaro - per la stessa presenza vocale di Alfie Smith, un rauco canto
blues che dona intensità alla sua musica fin dall’apertura affidata alla
title track, per non dire della successiva East
End Girl che è fin troppo facile accostare, per assonanza di
titolo e atmosfere, al gioiello waitsiano Jersey Girl.
Otto originali e due cover, tra cui il classico blues di Elizabeth Cotten
Shake Sugaree e la chiusura affidata alla ben nota Bird
On a Wire di un illustre concittadino canadese, Leonard Cohen,
Every Rome Needs a Nero alterna un suono blues antico e dixieland
da French Quarter di New Orleans (All the Blues I Need) con momenti
più crudi ed elettricati (Time is a Rocketship, Mule) dove
risalta il lavoro di Smith alla National resonator guitar (nell’album
ne suona di tre tipi, tutti modelli risalenti agli anni Venti e Trenta)
accompagnato dal piano di Jesse O’Brian e dall’onnipresente tromba. Un
disco “di genere”, si potrebbe definire senza mancare di rispetto ad Alfie
Smith, ma fatto con amore artigianale, conoscenza della materia, persino
non così scontato nella scelta della strumentazione: a volte può bastare
anche così.