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Bob Bradshaw
Live in Boston
[Fluke records 2025]

Sulla rete: bobbradshaw.net

File Under: americana irishman


di Remo Ricaldone (16/04/2025)

Irlandese di Cork, Bob Bradshaw si è fatto le ossa sulle strade d’Europa come ‘busker’ prima di approdare negli Stati Uniti, dove ha trovato stimoli e casa prima a San Francisco e poi tra New York e Boston (notoriamente la città più irlandese d’America) inserendosi bene in quei circuiti ‘indie’ dove il rock si mischia naturalmente con le radici country. La sua passione per nomi come John Hiatt e Guy Clark ha fatto sì che il suo stile maturasse e si personalizzasse negli anni mantenendo vive però altre influenze (sfumate naturalmente con i suoni americani) di personaggi ai quali in molti momenti può avvicinarsi, come il conterraneo Paul Brady nei suoi dischi più elettrici, il Bruce Cockburn degli anni Ottanta, Richard Thompson nei brani più asciutti e secchi e Nick Lowe quando emergono melodie di stampo più pop.

Il titolo Live In Boston può essere un po’ fuorviante visto che le registrazioni sono dal vivo ma in studio e precisamente ai Q Division Studios in Massachussetts, dove Bob Bradshaw nel giugno del 2024 ha riletto parte del suo repertorio, dandone una lettura più vicina al suono che porta sui palchi americani, immediata, spontanea e per certi versi più nuova. Un’urgenza che risulta nel complesso vincente, colorando di tonalità nuove brani che già in originale risultavano apprezzabili, celebrando uno stile che ha visto rafforzarsi l’aspetto letterario denso di profondità introspettiva e anche di humor, stile presentato con sagacia nei precedenti dieci album che l’hanno portato a godere di buona considerazione in ambito ‘americana’. I suoni sono qui decisamente indovinati con la presenza di una coppia di chitarristi di rango come Andrew Stern e soprattutto Andy Santospago che aggiunge un tocco country con inserimenti di pedal steel e lap steel, sorretti da una robusta sezione ritmica formata dai tamburi di Mike Connors e dal basso di John Sheeran, con le tastiere di James Rohr che spesso lavorano ‘nelle retrovie’ ma contribuiscono alla riuscita di arrangiamenti a volte complessi, ma sempre incisivi e efficaci.

Non mancano i momenti più acustici guidati da una vena folk che nelle mani del nostro si rafforza con gusto e piacevolezza, come nella scorrevole Every Little Thing che mano a mano assume contorni più rock, in Material For The Blues, dove il piano trova maggior spazio, e in The Assumptions We Make, mentre ci si avvicina alla country music nella cadenzata Albuquerque e si apre a un rock dalle tonalità vibranti nell’iniziale Talkin’ About My Love For You, che nel refrain assume lievi ritmiche reggae, nella spedita Hot In The Kitchen e in High Horse, con The Art Of Feeling Blue (title track del precedente disco del 2023) e High On Our Own Supply che ancora una volta definiscono e sottolineano le doti compositive ed interpretative del musicista irlandese trapiantato in America.



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