The Devil Makes Three
I'm a Stranger Here
[
New West
2013]

www.thedevilmakesthree.com


File Under: new "old time" feeling

di Christian Panzano (20/12/2013)

I'm a Stranger Here è il quinto lavoro in studio (se si esclude il live registrato a Felton nell'aprile del 2006 dal titolo A Little Bit Faster and a Little Bit Worse e la re-release dell'album di debutto omonimo del 2002) dei The Devil Makes Three, trio per l'appunto old time music di stanza a Santa Cruz, California ed è il primo dopo ormai undici anni di roaming ininterrotto e un solo primo posto nel 2009 per Do Wrong Right, che riesce a raggiungere la seconda posizione nella sezione bluegrass di Billboard charts dello scorso novembre. Le dieci tracce sono state prodotte da Buddy Miller, profondissimo cantore dell'Americana più continentale, che nell'intento di riannodarle ad un cardine concede al gruppo di giocare fra vecchio e nuovo, tra country e blues senza sfiorire.

Nel primo brano, Stranger, il combo riporta all'origine del bluegrass un giro che qualsiasi band rock californiana potrebbe rifare in chiave alternativa. In Worse or Better ci si protrae su veloci battute creando un'atmosfera da clogging gallese e fiddling canadesi. Forty Days è un classico, sembrano gli Everly Brothers, ma potrebbero suonarla i Club des Belugas con Caro Emerald alla voce versione swing downtempo e ne farebbero una hit cicciona quando in realtà è stata registrata con la Preservation Hall Jazz Band di New Orleans e c'è da avere fiducia se vi dico che è uscita veramente un incanto. A Moment's Rest è straordinaria, il banjo contralto di Cooper Mcbean tiene il peculiare calcio doppiato come quello di un mandolino ma con l'ottava più bassa, nel frattempo la voce macera in romantiche riprese sensoriali e crea un visual threat ai coretti della contrabassista Lucia Turino.

Hallelu e Spinning Like a Top traggono ispirazione direttamente dalle pennellate di un Waylon Jennings per raccontare "nostalgiche nozioni d'infanzia" e potremmo amorevolmente andare oltre parlando di Mr. Midnight, colma di plucked e bloats fiatistici da music hall, da orchestrina volutamente scassata o di Goodbye Old Friend che come nella migliore delle tradizioni saluta tutti nell'atto rigoglioso e candido da motivetto-nenia (terzina d'arco arpeggiata fa si la, chant d'accompagnamento angelico, prima modulata con semifalsetto, chitarra in chorus) anche chi non c'è più a battere le mani per un ultimo colpo di coda imprevisto.


    


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