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a new Summer of Love di
Yuri Susanna (25/07/2014)
I
Woods costituiscono a loro modo un'eccentricità, nel calderone indie americano.
Non tanto per il loro rimpasto della lezione folk-rock psichedelica dei sixties
- a quello ci siamo ormai avvezzati, anche da prima che i Fleet Foxes lo rendessero
un accessorio per hipster. La particolarità è nella provenienza geografica. E'
vero che anche altri moderni campioni di psichedelia anni zero come Grizzly Bear
e Akron/Family hanno base come loro a Brooklyn, cioè nel cuore dell'area metropolitana
par excellence, e infatti nel loro caso la musica conserva tracce di nevrosi urbane,
segni di un landscape cittadino, o anche solo una matrice intellettualistica tipicamente
newyorchese. Con i Woods non accade: li ascolti e te li immagini bivaccare in
qualche bosco (nomen omen) caracollando le giornate a radunare fascine e cogliere
funghi, mentre si passano un altro chillum e osservano le nuvole lassù. In pratica,
un pezzo di California traslocato sulle rive dell'Hudson.
La vicenda di
questo collettivo di fricchettoni può essere riassunta agevolmente: 7 dischi in
7 anni, dal 2005 al 2012, i primi dei quali legati ad una idea di psichedelia
fai-da-te, jam sessions anarchiche e disordinate messe di fianco a canzoni di
2-3 minuti che sembrano prese da un volume inedito di Nuggets o Peebles. A farli
uscire dal'underground è stato Songs of Shame, l'album del 2009 di cui
si innamorarono i redattori di Pitchfork, che lo benedirono con il sigillo di
"best new music". Ma il turning point vero, in termini di maturazione compositiva
è stato Bend Beyond, il penultimo lavoro, l'unico in cui le composizioni
stanno tutte sotto i 4 minuti di durata; il loro disco pop, in un certo senso,
caratterizzato da un'attenzione nuova alle canzoni, rifinite con dettagli molto
meno naif e casuali. Il loro disco migliore, se chiedete a noi, e uno dei migliori
di quell'anno. Certo, non manca chi rimpiange il dadaismo dei primi lavori, ma
conosco anche gente che considera Confusion is Sex il disco migliore dei Sonic
Youth: un'evidente dimostrazione dei danni della libertà di espressione...
With
Light and With Love riparte da dove si era rimasti 18 mesi fa con Bend
Beyond (mai un'attesa così lunga tra un disco e l'altro, prima d'ora), perfezionando
ulteriormente la formula. Sunshine pop che profuma di erba appena tagliata (Leaves
Like Glass, Only the Lonely), caramelle di Haight Ashbury alle
spezie orientali (Shining), country-rock elettracustici
(Shepherd) rimasti impigliati in un cespuglio di American Beauty (è una
varietà di rosa, ma il riferimento è ai Grateful Dead, se non si era capito).
Ogni tanto, una sbirciata al songbook di George Harrison (Full
Moon) e una a quelli di Skip Spence e Arthur Lee, per alimentare l'ispirazione.
Sono tornate anche le jam lunghette (la title-track supera i 9 minuti), ma meglio
architettate che in passato. E poi c'è Moving to the
Left, ovvero la perfetta canzone dell'estate - e con un video e qualche
passaggio su Mtv, una quindicina di anni fa lo sarebbe potuta diventare davvero.
With Light and With Love è il primo disco registrato dai Woods in uno studio vero
(quelli di prima li assemblavano un po' dove capitava), con più ordine e pulizia.
Il suono è rotondo, dettagliato, la fanciullesca voce di Jeremy Earl più calda
del solito. Per qualcuno sarà forse un annacquamento dell'originaria natura lo-fi
della band, per noi è l'occasione di segnalarvi una band all'apice delle proprie
potenzialità creative.