Desoto Caucus
4
[
Glitterhouse
2017]

www.desotocaucus.com

File Under: danish wave

di Pie Cantoni (13/02/2017)

Desoto rappresenta la frontiera americana, la città piccola e sperduta nel mezzo del nulla, provincia isolata, campi da football, centri commerciali e aspra vita della periferia. Ci sono diverse Desoto nella geografia americana, nessuna in stati di richiamo e nessuna vicino a città importanti. Non sappiamo il motivo della scelta del nome, ma pensiamo che le radici dei Desoto Caucus affondino in quanto detto sopra. Ex band di lusso di Howe Gelb sempre in seconda fila (essendo danesi, chi ha visto l'ultima serie di South Park, sa quanto ci tengano alla privacy….) al loro quarto disco da studio, intitolato solamente 4, che sta ad indicare sia il quarto capitolo della loro saga personale, sia il numero di componenti del combo danese, sempre più compatto e affiatato. I precedenti lavori erano "desertici" ma nel contempo permeati da groove che hanno definito sia il suono della band sia un genere, che Howe Gelb, Calexico e altri hanno ampiamente caratterizzato ed esplorato.

Questo disco cambia un po' la rotta (non di molto a dire il vero) esplorando ambiti indie, melodie curate, arrangiamenti più corali, il tutto inserito nel loro stile già rodato. L'inizio è affidato a Let it Glow uno dei pezzi più in linea col passato, ma meno oscuro e più arioso rispetto ai precedenti lavori. Sghembo e vagamente inquietante invece il ritmo di Powerlines, che ha un tocco pop soprattutto nelle chitarre e nel ritornello nonostante le dissonanze e il ritmo dispari. "Pop" sì ma nel senso alto del termine, quanto lo potrebbe essere un film di Jim Jarmusch. Black Dog Nights a metà fra la new wave anni '80 e un rock elettronico anni '90, con vaghi richiami a Tom Waits, è un bel brano con la voce di Pedersen e cori che caratterizzano il tutto in maniera originale.

Lone Gone
, un addio all'estate che dà l'idea di un imminente triste inverno nordico (e che ci fa venire in mente per affinità tematica Long Gone Day con Lanegan e Stanley), ha atmosfere dilatate dal tempo rarefatto scandito sui tom e tastiere che dominano su una chitarra minimale. Si avvicina ai primi Beatles psichedelici (a noi ricorda soprattutto il suono delle tastiere e la voce di Strawberry Fields) Free, mentre Glass bell ha un ritmo più incalzante con chitarre acustiche, percussioni e un basso che guida il pezzo, così come accade in Backfire. Flatlands, lunga ballata conclusiva, lascia ampio respiro alle trame musicali della band, con solo una chitarra distorta in lontananza a turbare la pacatezza del brano.

I quattro musicisti - Anders Pedersen (voce e chitarra), Peter Dombernowsky (batteria), Nikolaj Heyman (voce chitarra basso e tastiere) e Thøger T. Lund (voce, contrabbasso, clarinetto e piano) - per registrare questo disco si sono chiusi in un remoto studio della campagna danese per cercare l'ispirazione giusta, frapponendo chilometri di neve e natura fra loro e il resto del mondo. Perdono parzialmente la classica impronta che li ha classificati fino ad oggi per assumere un profilo più trasversale e fuori dal genere con cui si sono identificati. Un bene, un male? Meno accattivanti questo è sicuro, ma anche un sound più personale rispetto ai lavori precedenti e un ambito sonoro più ampio nel quale divagare. Staremo a vedere l'evoluzione futura dei Desoto Caucus, 4 probabilmente verrà visto come un punto di passaggio nella loro carriera. La cui destinazione finale per ora è ancora sconosciuta.


    


<Credits>