Condividi
     
 

The Gabbard Brothers
The Gabbard Brothers
[Colemine records 2022]

Sulla rete: coleminerecords.com

File Under: classic rock brothers


di Giovanni Andreolli (12/08/2022)

Dopo l’esperienza coi Thee Shams e i Buffalo Killers, i fratelli (Zachary e Andrew) Gabbard pochi anni fa decisero di formare insieme, solo loro due, un nuovo gruppo, The Gabbard Brothers per l’appunto: l’album, con lo stesso nome, è il loro esordio (pubblicato in queste settimane da Colemine/Karma Chief Records) dopo aver pubblicato in passato i singoli Sell Your Gun Buy A Guitar (2019) e Too Much To Feel (2020); due anticipi rivelatori di questa nuova esperienza dei due fratelli provenienti dall’Ohio, che puntano al passato, agli anni Sessanta/Settanta in particolar modo (Neil Young, Buffalo Springfield, James Gang…), cercando anche di mostrare una propria identità precisa.

L’intero disco è stato suonato dagli stessi fratelli Gabbard, senza collaboratori esterni, frutto di un’ottima intesa reciproca, e quasi ogni canzone è cantata da loro due insieme, le voci si sovrappongono costantemente, entrambi quindi pari protagonisti nel realizzare il nuovo lavoro. Ma The Gabbard Brothers è un disco che si trova in un equilibrio instabile tra la sufficienza e l’insufficienza (per dirla in termini scolastici tra il 5½ e il 6): la sufficienza sarebbe meritata perché è un lavoro ben confezionato: il pop, ritmato e dominato dal basso, di Hang On, Mama, è una buona prova, ma anche l’acida (acide elettriche distorte) e psichedelica Feel Better Love Better (hippie) suona bene, sebbene antiquata, come anche Pockets Of Your Mind è valida; l’insufficienza sbilancia, in negativo, il giudizio positivo, ed è dovuta ad un unico motivo: le canzoni di The Gabbard Brothers sono ripetitive, il ritornello in alcuni brani sa essere ossessivo, e quindi stancante per chi ascolta (Early Pages in testa, ma anche Yer A Rockstar, per citarne un’altra).

La noia nel giudizio di un album da parte di un critico che di teoria musicale in senso stretto non sa molto (se non proprio niente ad essere del tutto onesti) è un fattore importante: se il sottoscritto, mentre sta scrivendo queste righe, fa fatica a terminare un disco di neanche 40 minuti – fatica che dipende assolutamente dal gusto personale – allora potete benissimo immaginare che un qualche problema ci sia. Alla lunga, infatti, il duetto dei fratelli Gabbard è un po' faticoso da assimilare, e a poco servono assoli, seconde voci, piano e altri possibili fonti di apprezzamento. Detto tutto ciò, The Gabbard Brothers ha sicuramente dei buoni spunti a suo favore, ma questi non bastano: un esordio in linea con le aspettative sollevate dai due singoli di lancio, ma che non incide più di tanto.


    


<Credits>