I Telescopes esordirono nel lontano 1987,
ma l’unica costante nella loro carriera è stata la presenza di Stephen
Lawrie, che è l’autore di testi e musiche anche nel nuovo disco, qui preso
in considerazione, intitolato Of Tomorrow, il quindicesimo
del loro percorso (il precedente Experimental Health risale soltanto
a febbraio di quest'anno, ndr). Il genere proposto dalla band inglese,
per chi non li conoscesse (come il sottoscritto prima di recensire questo
album), è un insieme di psichedelia, post punk e noise rock, suoni di
tempi lontani, gli stessi con i quali, del resto, i nostri hanno iniziato,
e rimangono il loro marchio di fabbrica.
La voce di Lawrie in Of Tomorrow è oltretombale, le parole sono
a malapena distinguibili, come nei migliori lavori shoegaze, e danno l’impressione
uditiva di un cupo mormorare quasi indifferente alla musica che lo accompagna.
Quest’ultima è ripetitiva, ossessiva, torna ciclicamente sulle stesse
note, cercando quasi di creare un effetto ipnotico in chi ascolta. Una
musica che sembra provare ad "anestetizzare" l’ascoltatore,
inserirlo in un loop intrigante, da cui non si può più uscire. Ma i risultati
sono spesso poveri e l’impressione che si ha alla fine è più di
noia che di estatico godimento.
La regola delle tre R (perfettamente traducibile nella nostra lingua:
ripetizione, ripetizione, ripetizione) era il principio estetico-musicale
dei Fall di Mark E. Smith, gruppo di culto di Manchester che esordì alla
fine degli anni Settanta, e la sua efficacia derivava dall’atteggiamento
anarcoide e punkeggiante del gruppo, che proponeva musica d’assalto, con
suoni violenti, penetranti e ossessivi, per le nostre orecchie troppo
abituate alla dolcezza della melodia, con la voce del loro leader che
sputava con rabbia le parole pronunciate con un fortissimo accento mancuniano.
Tutto questa parentesi per dire cosa? Semplicemente che i Fall, a differenza
di quest’ultimo disco dei Telescopes, risultavano comunque divertenti:
ti devastavano l’apparato uditivo, ti facevano venire mal di testa, però,
violentemente, ti smuovevano.
Cercando qualche informazione in più sulla band di Lawrie, viene fuori
un accostamento, positivo a differenza del mio, tra i Telescopes e i Suicide,
famoso duo degli anni Settanta, sempre contraddistinto da melodie ripetitive
(un buon esempio, se non la conoscete, è Dream Baby Dream, brano
che, tra l’altro, personalmente apprezzo): il fattore comune a entrambi
è che, alla fine, anche i Suicide come i Telescope sono considerati da
sempre un gruppo di culto. L’unica nota davvero positiva in questo lavoro
è la ballata Only
Lovers Know, ma il resto, a meno che non si sia fan di lunga data
di Lawrie e soci, non mi pare particolarmente degno di nota.