The Bevis Frond è dal 1987 la creatura di
Nick Saloman, uno di quei personaggi dell’underground musicale che fortunatamente
ancora esistono e riescono a pubblicare con regolarità dei gioiellini
artigianali composti e registrati con passione e capacità. Nick è davvero
un personaggio poliedrico, una sorta di guida spirituale del rock inglese
degli ultimi quarant’anni: musicista che ha collaborato a molteplici progetti
paralleli, proprietario fino a poco tempo fa di un negozio di dischi usati
nell’Essex, curatore del magazine Ptolemaic Terrascope e di una
label indipendente, dj radiofonico, oggi ritorna a incidere su Fire, a
tre anni di distanza da Little
Eden, un altro doppio vinile e singolo cd.
In Focus On Nature si mischiano le sue svariate influenze
a partire da Jimi Hendrix e dalla psichedelia britannica e californiana
dei sixties, aggiungendo space rock, pop, hard rock, nomi come Wipers,
Disosaur Jr, Big Star e Pavement, con quel fondo di malinconia nella voce
e nelle melodie tipicamente british. Saloman è un ottimo chitarrista,
ma nei suoi dischi è evidente la capacità di comporre e di inserire assoli
che non esprimono puro esibizionismo, essendo funzionali alla logica e
fluidità delle canzoni, che in questo caso sono ben 19 senza riempitivi,
corredate da testi significativi sulle problematiche contemporanee.
A differenza di Little Eden, inciso da solo durante la pandemia,
il disco è stato registrato nei Graffite Studios di Bexhille-On-Sea dell’amico
Dave Palmer con i componenti della band Dave Pearce (batteria), Louis
Wigett (basso) e Paul Simmons (chitarra). Il rock intenso di Heat
è un’apertura potente e convincente con tratti psichedelici, tre assoli
roventi e un testo rilevante sulla crisi climatica. La melodica title
track, incisiva e pungente, interpretata con una voce nostalgica che ricorda
come potrebbe essere questo mondo se rispettassimo la natura che ci circonda,
l’accorata e bruciante God’s Gift d’impronta
punk e l’elettroacustica Vitruvian Man dimostrano le doti di scrittura
di Saloman e le sue multiformi influenze. Nel prosieguo citerei almeno
il mid-tempo Here For The Other One dove
si racconta l’esperienza di un concerto scelto per ascoltare la band di
supporto e non i “merdosi” headliners, la malinconica Happy Wings
sui danni del consumismo, il garage-rock Empty, la lunga
Mr. Fred Disco caratterizzata da due magnifici assoli, la melodica
Hairstreaks, una discreta riflessione sulla mortalità, il pop beatlesiano
di Maybe We Got It Wrong, la scorrevole Big Black Sky e
l’orgoglioso finale hendrixiano di Hang On A
Wire.
Ad aprile The Bevis Frond suoneranno in Europa dopo otto anni; purtroppo
il nostro paese sarà escluso per mancanza di promoter interessati… Un
vero peccato! Inoltre, è in fase di completamento il documentario Little
Eden che dovrebbe tracciare la storia di Nick e della band con una
colonna sonora tratta dal loro vasto catalogo.