Funeral For Justice inizia con una cacofonia
di suoni, distorti, rock, duri e pur sempre africani. Il nuovo disco dei
Mdou Moctar, quartetto nigerino, esce a tre anni dal precedente
Afrique
Victime e dopo due di tour in giro per il mondo. La musica
si fa più tesa, le distorsioni più aspre e i feedback più profondi. La
band, nella sua formazione attuale, oltre a Moctar, voce e chitarra, è
composta dal chitarrista ritmico Ahmoudou Madassane, dal batterista Souleymane
Ibrahim e dal bassista e produttore americano Mikey Coltun. La band ha
iniziato ad esibirsi in occasione di matrimoni tradizionali e parte di
quell'energia, di quel senso di comunità, di sfrenatezza è rimasta e si
percepisce anche su disco.
Il brano che dà il titolo all’album, nonché primo singolo, apre la raccolta
con un muro di distorsioni e feedback. Ritmo serrato e un testo che punta
il dito contro i leader africani, colpevoli di aver venduto il continente
alle potenze occidentali (vero? in parte, se pensiamo oggi a chi ha più
influenza nel continente nero…). Imouhar
è sempre sulla stessa linea, mentre il ritmo si abbassa con Takoba,
con un testo desertico che parla di demoni interni, mentre Sousoume
Tamacheq rialza il tiro ma senza quell’impatto sonoro dei primi due
episodi e anche qui si scaglia contro il popolo Touareg e contro la perdita
di identità e chiude con una coda strumentale dissonante e lancinante.
E fra un’invettiva contro la Francia colonizzatrice e un lamento per la
terra lontana, il disco arriva alla sua conclusione con nove pezzi in
tutto, per circa mezz’ora di musica, che mischia rock e musica touareg,
in un’evoluzione di quello che siamo stati abituati ad ascoltare, partendo
da Ali Farka Touré, passando per i Tinariwen e arrivando ai Tamikrest.
Le canzoni di Funeral For Justice parlano della situazione
del Niger e del popolo Tuareg, delle ingerenze politiche dell’Occidente
che non aiutano a stabilizzare, ma anzi hanno effetto e spesso anche obiettivo
contrario in una regione già divisa e minata da corruzione e violenza.
Poco dopo aver terminato di registrare il nuovo disco a New York, la situazione
in Niger è precipitata con un colpo di stato che ha deposto il governo,
lasciando il paese in balia di terroristi e gruppi armati e che ha separato,
per un tempo difficile da definirsi, i membri della band dalle loro famiglie
e dalla loro terra. Condizione non estranea all’Africa, instabile e martoriata,
che gioca a favore dei popoli conquistatori, siano essi i vecchi colonizzatori
o i nuovi con forse ancor più oscuri obiettivi dei loro predecessori.
Mdou Moctar sono una sintesi fra musica rock occidentale e musica africana
e questo Funeral for Justice si rileva persino più interessante
del precedente Afrique Victime perché finalmente la band esce dalla
comfort zone della musica del West Africa per osare e spingere più in
là i propri confini.