Una storia di resurrezione artistica fra le più belle
e inaspettate di questi ultimi anni, il ritorno sulle scene di Peter
Perrett, indimenticata voce degli Only Ones, ha restituito quella
parte di gloria che probabilmente non gli era stata tributata nel periodo
di massimo splendore della sua carriera, quando una canzone come Another
Girl, Another Planet avrebbe dovuto trasformarlo in una rock’n’roll
star. Stagioni di buio totale, assalito dai fantasmi della tossicodipendenza,
qualche tentativo di ritornare sulle scene, anche una breve reunion degli
Only Ones, ma nulla che si concretizzasse davvero in un’opera compiuta,
fino al 2017 e a quel trionfale ritorno di How
the West Was Won che grazie anche al sodalizio con i figli, una band
"fatta in casa", restituiva a Perrett almeno una parte di quello
che gli spettava.
Ancora una replica due anni dopo con Humanworld,
per ribadire l’ispirazione ritrovata, e cinque lunghi anni, in mezzo il
dato non indifferente della pandemia e di una salute personale comunque
precaria, per ritrovarlo con questa sorta di celebrazione di una vita
intera, addirittura un doppio album, The Cleansing, venti
canzoni e oltre settata minuti di musica che si annunciano subito come
la summa del suono e del pensiero di Perrett. Non è necessariamente l’atteso
capolavoro artistico di una carriera, anche se la stampa internazionale
si è già profusa in lodi senza colpo ferire, e non possiede l'immediata
stringatezza dei suoi predecessori, tuttavia simboleggia senz’altro l’odissea
del musicista vista con gli occhi della saggezza, quelli di un uomo di
settantadue anni che può ben definirsi un sopravvissuto.
I Wanna Go with Dignity canta senza
filtri e vergogna nella carica punk rock del brano di apertura e da qui
in avanti temi densi e brutali come morte, depressone, malattia percorreranno
in lungo e in largo queste canzoni, affiancandosi però a una luce consapevole,
alla visione del mondo ai tempi dei social media e della condizione umana
che Perrett può leggere con gli occhi di un veterano di guerra. La sua
guerra personale, che ci spiattella attraverso una sequenza persino troppo
lunga e infarcita di mille stimoli, ma con il desiderio di metterci dentro
tutto il suo universo: il rock urbano che mastica i miti Lou Reed e David
Bowie e li rigetta nella tensione nevrotica di Disinfectant
e Survival Mode, il glaciale beat elettronico alla Suicide che
incontra le vibrazioni del rock’n’roll londinese in Woman
Gone Bad e nella stessa The Cleansing, l’indifesa poetica
elettro-acustica di Solitary Confinement,
con la chitarra dell’ospite Johnny Marr.
Ecco, gli ospiti: presenze che testimoniano anche l’inevitabile natura
celebrativa - sacrosanta, sia chiaro - di questo The Cleansing,
più generazioni in pellegrinaggio davanti alla figura di Perrett per dirgli
semplicemente grazie, passando da Bobby Gillespie dei Primal Scream all’ultimo
arrivato Carlos O’Connell dei Fontaines D.C., ma che in fondo non cambiano
l’aspetto e la forma di un disco che è in tutto e per tutto il compendio
del gesto musicale di Perrett: la sua voce strascicata e dalla pungente
sincerità, la tenerezza spietata dei suoi racconti, gli stessi che prendono
le sembianze di un rock noir in Secret Taliban Wife, si trascinano
dentro una tempesta elettrica in Mixed up Confucius
per impantanarsi un poco in una parte centrale dell’album dal tono narcolettico
e riprendersi infine tra incubi giovanili e rinascite senili nella coda
stridente e rumorosa di Back in the Hole e nel sussulto, più Bowie
del Bowie stesso, di Less Than Nothing.
Sono soltanto alcune delle venti stazioni, sofferenti e illuminate, lungo
il cammino tortuoso di Peter Perrett: tante, persino eccessive, ma mostrano
nel loro insieme quel dolente percorso di risalita dall’autodistruzione
verso una forma di amore e di accettazione per se stessi e quelli che
ci circondano.