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le radici di un produttore di
Marco Restelli (16/06/2014)
Ethan
Johns sembra averci preso gusto. A poco più di un anno di distanza dal suo
buon esordio, che personalmente avevo già presentato per RootsHighway, il giovane
produttore americano, figlio d'arte - il padre Glynn non credo necessiti di presentazioni
- ci riprova con The Reckoning (titolo che evoca autorevoli dischi
dei R.E.M. e dei Greatful Dead). Stavolta però abbandona l'approccio autarchico
che aveva caratterizzato la sua prima prova per affidarsi, invertendo per una
volta i ruoli, a un certo Ryan Adams: il cavallo di razza più pura della
sua scuderia (c'era proprio Ethan, dietro la consolle degli indimenticabili Pneumonia,
Heartbreaker e Gold). I due si sono ritrovati in quel di Los Angeles e in un paio
di giorni, suonando e cantando i pezzi praticamente una sola volta, hanno confezionato
l'album in quattro e quattr'otto. Il primo evidente risultato di questa "cura
personale" del vecchio amico suona subito all'orecchio, scaturendo in una chiara
"omogeneità" del disco, con una direzione maggiormente identificata rispetto al
predecessore che forse voleva fungere proprio da "presentazione generale" delle
doti dell'artista.
Quell'urgenza espressiva, che allora sottolineai con
particolare enfasi - sin dal titolo - sembra essere venuta meno e l'espressione
scelta è piuttosto quella di un cantautorato semplice e scarno che dà più spazio
alla vena poetica e sensibile di Johns. Anche nei contenuti, poi, il concept è
dietro l'angolo, visto che le canzoni descrivono il viaggio del protagonista Thomas
Younger che intorno al 1850, insieme al fratello maggiore James, attraversa l'oceano
Atlantico per poter esplorare le sconfinate terre d'America. La sua voce vellutata
e calda si presta decisamente al nuovo progetto, basato su morbide ballate, per
lo più acustiche, connotate da una melodia sempre dolce e spesso incisiva. Le
più belle a mio avviso sono Dry Morning (gioco
di colori e luci del mattino con sognanti archi ed un piano, sempre cari ad Adams,
sullo sfondo), Among the Sugar Pines (suono
asciutto, ma che lascia il segno) e The Roses and the
Dead (dove la cantata un po' nasale di Johns e la sua cadenza finiscono
per ricordarmi ancora una volta il miglior Tom Petty).
C'è spazio anche
per due piacevoli pezzi blueseggianti ed elettrici, con riverberi distorti, che
servono a rompere con sorpresa l'equilibrio di The Reckoning. Il primo è Talking
Talking blues, l'altro è Blackheart, che evolve lentamente perfino
verso un'inattesa furia rock. Il percorso precedente riprende tranquillo fino
alla fine, con un'altra coppia di brani lenti: You Changed
e soprattutto This Modern London, lullaby
d'altri tempi con tanto di suoni di onde cullanti che chiude in bellezza un album
che esce stranamente d'estate, nonostante il suo approccio autunnale. Ma d'altra
parte quando la musica è espressamente funzionale a viaggiare con la mente, il
tempo e lo spazio diventano concetti del tutto relativi. E allora, se così è,
non lasciatevi trattenere dal caldo e godetevi questa fresca brezza folk, preparata
appositamente per noi da due esperti navigati come Ethan Johns e Ryan Adams. Se
ve ne pentirete, state tranquilli, sarà tutta colpa mia.