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southern country rock di
Paolo Baiotti (13/03/2015)
L'ascesa dei Blackberry Smoke ricorda quella di molti grandi gruppi rock
degli anni settanta. Lenta, graduale, costruita con il passaparola album (ed Ep)
dopo album, macinando migliaia di chilometri per suonare in ogni buco di posto
disponibile, con frequenti trasferte europee e numerosi sold out. In questo modo
il quintetto della Georgia si è costruito una fama solida e concreta, entrando
nella top 40 americana e in molte classifiche europee con The
Whipporwill, realizzato nel 2012 per la Southern Ground, label di Zac
Brown, seguito dal canonico doppio dal vivo Leave A Scar. Ora, dopo la chiusura
inattesa della label, il gruppo è passato alla Rounder, pubblicando l'atteso quarto
album in studio Holding All The Roses.
La sorpresa maggiore
(e anche la preoccupazione) è stata la scelta del produttore Brendan O'Brien,
che negli ultimi anni si è fatto notare nel bene e nel male a seconda dei pareri
con Bruce Springsteen, Ac/Dc, Pearl Jam, Incubus e tanti altri. In effetti Brendan
qualche danno lo ha fatto: il suono è più compresso e meno dinamico, la voce,
le chitarre e i suoni acustici sono poco evidenziati, l'inserimento di violino,
archi e backing vocals non è così essenziale. Probabilmente otterranno qualche
passaggio in radio (e intanto sono saliti al n.1 nella classifica country americana
e al n. 29 di quella complessiva), ma rimane la sensazione di un disco che poteva
essere migliore. Non è solo un problema di produzione, perché da un punto di vista
compositivo mancano tracce memorabili, anche se mediamente la scrittura di Charlie
Starr regge degnamente. E proprio Charlie resta il protagonista assoluto,
la vera forza della band: presenza carismatica, voce potente e ben modulata che
si adatta sia ai ritmi veloci che alle ballate, chitarra incisiva e tagliente.
Gli altri lo seguono mantenendo un profilo discreto: la ritmica dei fratelli Brit
e Richard Turner pulsa con precisione (ma in passato la batteria era meno cadenzata),
Paul Jackson assiste quasi esclusivamente alla ritmica il lavoro di Charlie e
Brandon Still colora il suono con organo e piano senza strafare.
L'apertura
di Let Me Help You (Find The Door) ricorda la Steve Miller Band più scontata,
ma il rock frenetico di Holding All The Roses
e il classico suono sudista di Living In The Song
rimettono le cose a posto, pur essendo il violino più vicino a Soozie Tyrrell
che a Charlie Daniels. Rock And Roll Again, la ballata Woman In The
Moon e Wish In One Hand sono discrete, nulla di più, poi il disco cresce
con l'elettroacustica Too High e si stabilizza
su buoni livelli con l'energica e cadenzata Payback's
A Bitch (già incisa dal vivo su Leave A Scar), seguita dalla melodia
spruzzata di country di Lay It All On Me. In chiusura spicca la riflessiva
Fire In The Hole, con un interessante break
psichedelico. Un passo indietro? Forse mezzo, però credo che i georgiani possano
fare di più.