Beth Hart
Better than Home
[
Provogue
2015]

www.bethhart.com

File Under: woman in soul

di Silvio Vinci (07/05/2015)

La californiana Beth Hart, conosciuta dagli addetti ai lavori come una tra le cantanti potenzialmente più esplosive degli ultimi vent'anni, tanto da essere stata più volte descritta come la nuova Janis Joplin, ci regala, dopo un'ultradecennale carriera caratterizzata da enorme successo in America e importanti collaborazioni artistiche (Neil Schoen, Slash, e per ultimo Joe Bonamassa), uno splendido lavoro, proiettato a cristallizzare, forse definitivamente anche qui in Europa, in un unico compendio di stili e generi, la sua classe e l'indiscusso talento. Come molte altre interpreti femminili, cresciute nel mito della Joplin e di Aretha Franklin, il percorso di crescita e maturità - accade sopratutto in USA - a un certo punto l'ha portata forzatamente verso una svolta commerciale, momentaneamente generosa di applausi e successo sul grande pubblico (notevole il suo impatto televisivo, grazie anche alla sua avvenenza fisica), però limitante da un punto di vista strettamente artistico, sopratutto per chi come Beth Hart (o per fare altri esempi, Joss Stone in Inghilterra) avrebbe potuto raggiungere picchi ben più appaganti.

Probabilmente la collaborazione con Joe Bonamassa, riavvicinandola al blues e al rock, ha dato quella salutare sterzata verso una ricerca di strade fisiologicamente più vicine alla sua voce, calda ed espressiva come solo le donne del blues hanno avuto (Bessie Smith, Etta James, Bette Lavette). Better Than Home è un disco molto variegato e ben costruito, impeccabile da un punto di vista esecutivo, produzione di alto livello, una vera e propria rassegna delle doti vocali della quarantatreenne californiana Beth Hart, che si alterna in deliziose ballate a scoppiettanti rhythm and blues. L'inizio è in pieno stile Memphis-Sound, Might As Well Smile, morbido ma zompettante r&b, ideale intro per scaldare la voce, che comincia a dare sfoggio di estensione ed espressività nella ballad successiva, Tell Hem To Hold On, e continua nella struggente Tell Her You Belong To Me, dove piano e chitarra arpeggiata in sottofondo riescono a portarci inevitabilmente alla memoria le ballate spezza-cuore della citata Janis Joplin.

Trouble
è rock, genere in particolar modo indirizzato alle FM americane, smaccatamente ruffiano col suo riff blueseggiante e gli stacchetti soul, ma anche qui grinta e indiscussa bravura la fanno perdonare. Better Than Home, brano che da titolo all'intero lavoro è una semplice ma intensa ballad, con i picchi della voce veramente capaci di regalare brividi. St. Teresa e We're Still Living In The Citysono esercizio puro e semplice per godere della sua calda e morbida vocalità. Sui binari squisitamente Soul, Beth Hart va che è una meraviglia, e ce ne da una controprova con The Mood Than I'M in, con la ritmica alla Steve Crooper e un delizioso gioco di tastiere (Rhodes e Hammond) a ricamo. Non poteva che essere ovviamente il mio brano preferito. Il finale è sempre in modalità ballad, con Mechanical Heart, As Long As I Have a Song e la bonus track Mama This One's for You, forse le meno convincenti, non per qualità quanto per ripetitività. Beth Hart, sforna, in definitiva, un bel album, in linea con lo standard qualitativo dei lavori insieme a Bonamassa: quindi notevole, ma con un evidente lavoro di valorizzazione della voce, passaggio necessario sopratutto per rinforzare l'autostima di una artista che passando attraverso controverse fasi della sua carriera ha rischiato di sfiorire e perdersi. Ben ritrovata Beth, ancora una volta non mi hai deluso.


    


<Credits>