File Under:australiana di
Fabio Cerbone (07/09/2015)
Un
oceano ha separato Vikki Thorn, Donna Simpson e Josh Cunningham, i tre attori
protagonisti del progetto The Waifs, da quando le due anime femminili della
band hanno fatto armi e bagagli e si sono trasferite, formando una famiglia, negli
Stati Uniti: Donna Simpson è tornata di recente nella natia Australia, dopo avere
vissuto a Minneapolis, Vikki Thorn è rimasta immersa nella wilderness dello Utah
e Josh Cunningham si è allenato per diventare un cittadino del mondo, dividendosi
fra la California e lo studio di registrazione, nella regione del New South Wales.
Non è difficile dunque capire le motivazioni che separano di ben quattro anni
il nuovo capitolo Beautiful You dal precedente Temptations. Anni
passati a raccogliere idee e materiale, ma soprattutto a capire se la condivisione
a distanza del songwriting potesse ancora funzionare.
A giudicare dai
risultati, sotto la direzione del quotato produttore Nick DiDia, The Waifs possono
ancora definirsi una delle più apprezzate attrazioni dell'Americana in terra australiana.
Una formula, la loro, oggi più controllata, che dalle fondamenta folk rock e dal
sapore rurale della strumentazione approda a melodie pop e ballate costruite con
molto mestiere, e tuttavia senza mai osare uscire dal seminato. È il pregio e
il difetto di una band che in patria ha fatto incetta di premi, a cominciare da
quel successo inaspettato di Up All Night nel 2003 (il nucleo della band è attivo
fin dalla metà degli anni novanta), cui hanno fatto seguito tour importanti e
una specie di elezione da parte del pubblico roots nord-americano. Impossibile
non apprezzarne la pulizia del sound, gli equilibri tra acustico ed elettrico,
gli intrecci fra le diverse personalità dei tre autori, qui sempre completati
dalla storica sezione ritmica composta da Dave Ross Macdonald e Ben Franz. È altrettanto
evidente però che Beautiful You è proprio il prototipo di quell'Americana di bella
confezione che non osa mai offrire un sobbalzo, ultimamente regola quasi non scritta
di diverse produzioni simili.
E allora via all'alternanza di tenerezze
folk e rustiche cavalcate: c'è la voce sospirata di Vikki Thorn in Black
Dirt Track e quella più soulful di Donna Simpson, che ammalia nella
stessa Beautiful You, mentre il buon Cunningham
pare giocarsi i momenti di fedeltà al tradizionalismo rock. I brani sono tutti
piacevoli quanto un po' sfuggenti, traccheggiano tra il folk elettrico di Somebody's
Gonna Get Hurt e Cracks of Dawn, il delicato picking country di Come
Away, come potrebbe offrirlo Norah Jones in gita a Nashville, e il
passo più pop e sbarazzino di una coinvolgente Blindly Believing, che sa
tanto di Sheryl Crow nella sua veste più orientata al roots. È proprio a partire
da questo brano che l'intero Beautiful You sembra svegliarsi un poco dalla sua
placida andatura: Rowena and Wallace possiede
cadenze rock malinconiche e vagamente Neil Young-dipendenti; Born To Love
si sporca con lo swamp blues e voci dagli accenti sudisti; February
chiude con un sussulto di elettricità. Un'inversione di scaletta avrebbe forse
sortito migliori effetti...