Lukas Nelson & Promise of the Real
Lukas Nelson & Promise of the Real
[Concord 2017
]

lukasnelson.com

File Under: outlaw's son

di Pie Cantoni (21/10/2017)

Due dischi con Neil Young, uno da studio - The Monsanto Years - e uno live - Earth, più alcuni dischi per etichette minori dal 2010 ad oggi ed un'intensa attività sui palchi d'Europa e d'America. Lukas Nelson con la sua backing band, Promise of the Real (oltre a Lukas Nelson alla chitarra e voce, gli altri componenti sono Tato Melgar, percussioni, Anthony LoGerfo, batteria, Corey McCormick, basso, Jesse Siebenberg, steel guitar, Farfisa e Alberto Bof, piano, Wurlitzer, Hammond B3), nonostante i buoni geni che arrivano da papà Willie e le buone frequentazioni, in primis appunto il vecchio hippie canadese, non ha mai convinto in toto. Ottimi musicisti, forse esagerati quando dovevano mettersi i panni stretti dei Crazy Horse, senza mai riuscire a colpire nel segno. Nuova etichetta per il gruppo e nuovo disco, semplicemente intitolato Lukas Nelson & Promise of the Real, come ad indicare un nuovo inizio. Dodici brani con alcuni ospiti illustri: da Willie Nelson (come lasciarlo fuori) a Lady Gaga (che abbiamo avuto il piacere di sentire per la prima volta in una performance notevole, noi che pensavamo che sotto i lustrini e le paillettes non ci fosse niente...), mentre a produrre c'è John Alagia (collaboratore di Dave Matthews, produttore di Room for Squares di John Mayer).

Il risultato è un acid country rock hippie retro, con buoni brani, alcuni highlights e qualche punto debole. Fra gli highlights sicuramente Find Yourself, dove Stefani Germanotta (forse più conosciuta a chi non è avvezzo al mondo del pop commerciale col nome di Lady Gaga) fa la parte di Bonnie e Lucas quella di Delaney in un rock sudista rilassato come solo la coppia di casa Bramlett sapeva scrivere. Il secondo brano a cui prende parte la cantante è Carolina, altra southern song, un po' Allman, un po' Dr John di Gumbo. A parte l'iniziale e un po' sottotono Set Me Down on a Cloud, molto interessante, dal mood southern, è la seconda traccia, Die Alone in cui il supporto di Jess Wolf e Holly Laessing dei Lucius è vitale. Altra ballata sudista ma più vicina ai ritmi rilassati e caraibici di JJ Cale è Fool Me Once.

Il padre Willie fa la sua comparsa in Just Outside of Austin (che ricorda molto Glen Campbell nel classico Gentle On My Mind), dove "ruba" anche l'assolo di chitarra al figlio, in un finale "sognante" fra vocalizzi di Lukas e slide di Jesse Sienberg. Altro brano interessante è Runnin' Shine, che racconta la storia di un distillatore di moonshine negli Appalachi. Il tempo passato con il vecchio hippie Neil Young ritorna utile in High Times, dove si sente il lato più "rugginoso", sia dal punto di vista delle parole che della musica, del vecchio canadese. Nonostante il notevole lavoro della band, risultano un po' stucchevoli canzoni come Forget about Georgia o ancora If I started Over e Breath of my Baby dove, con un tono troppo retrò anni '50, viene fatto il verso a grandi del passato come Roy Orbison e Elvis.

Un buon disco quindi, un omaggio ai padri che li hanno ispirati ma utilizzando il proprio linguaggio e la propria capacità espressiva. Lukas non è più un wannabee, ma confeziona un lavoro che, oltre a gettare solide basi per il futuro, è più di una semplice promessa. È finalmente qualcosa di reale.


    


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