Due
dischi con Neil Young, uno da studio - The
Monsanto Years - e uno live - Earth, più alcuni dischi per etichette
minori dal 2010 ad oggi ed un'intensa attività sui palchi d'Europa e d'America.
Lukas Nelson con la sua backing band, Promise of the Real (oltre a Lukas
Nelson alla chitarra e voce, gli altri componenti sono Tato Melgar, percussioni,
Anthony LoGerfo, batteria, Corey McCormick, basso, Jesse Siebenberg, steel guitar,
Farfisa e Alberto Bof, piano, Wurlitzer, Hammond B3), nonostante i buoni geni
che arrivano da papà Willie e le buone frequentazioni, in primis appunto il vecchio
hippie canadese, non ha mai convinto in toto. Ottimi musicisti, forse esagerati
quando dovevano mettersi i panni stretti dei Crazy Horse, senza mai riuscire a
colpire nel segno. Nuova etichetta per il gruppo e nuovo disco, semplicemente
intitolato Lukas Nelson & Promise of the Real, come ad indicare
un nuovo inizio. Dodici brani con alcuni ospiti illustri: da Willie Nelson (come
lasciarlo fuori) a Lady Gaga (che abbiamo avuto il piacere di sentire per
la prima volta in una performance notevole, noi che pensavamo che sotto i lustrini
e le paillettes non ci fosse niente...), mentre a produrre c'è John Alagia (collaboratore
di Dave Matthews, produttore di Room for Squares di John Mayer).
Il risultato
è un acid country rock hippie retro, con buoni brani, alcuni highlights e qualche
punto debole. Fra gli highlights sicuramente Find Yourself,
dove Stefani Germanotta (forse più conosciuta a chi non è avvezzo al mondo del
pop commerciale col nome di Lady Gaga) fa la parte di Bonnie e Lucas quella di
Delaney in un rock sudista rilassato come solo la coppia di casa Bramlett sapeva
scrivere. Il secondo brano a cui prende parte la cantante è Carolina,
altra southern song, un po' Allman, un po' Dr John di Gumbo. A parte l'iniziale
e un po' sottotono Set Me Down on a Cloud, molto interessante, dal mood
southern, è la seconda traccia, Die Alone in cui il supporto di Jess Wolf
e Holly Laessing dei Lucius è vitale. Altra ballata sudista ma più vicina ai ritmi
rilassati e caraibici di JJ Cale è Fool Me Once.
Il padre Willie fa la sua comparsa in Just Outside of Austin
(che ricorda molto Glen Campbell nel classico Gentle On My Mind), dove "ruba"
anche l'assolo di chitarra al figlio, in un finale "sognante" fra vocalizzi di
Lukas e slide di Jesse Sienberg. Altro brano interessante è Runnin' Shine,
che racconta la storia di un distillatore di moonshine negli Appalachi. Il tempo
passato con il vecchio hippie Neil Young ritorna utile in
High Times, dove si sente il lato più "rugginoso", sia dal punto di
vista delle parole che della musica, del vecchio canadese. Nonostante il notevole
lavoro della band, risultano un po' stucchevoli canzoni come Forget about Georgia
o ancora If I started Over e Breath of my Baby dove, con un tono
troppo retrò anni '50, viene fatto il verso a grandi del passato come Roy Orbison
e Elvis.
Un buon disco quindi, un omaggio ai padri che li hanno ispirati
ma utilizzando il proprio linguaggio e la propria capacità espressiva. Lukas non
è più un wannabee, ma confeziona un lavoro che, oltre a gettare solide basi per
il futuro, è più di una semplice promessa. È finalmente qualcosa di reale.