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Under: Texan blues, rock and soul
di Paolo Baiotti (04/03/2019)
In tutti i campi della vita
ci sono i protagonisti e i comprimari. Ogni tanto succede che il comprimario
si trasformi in protagonista, per caso o per scelta. Così è successo a
Reese Wynans, classe 1947, cresciuto a Sarasota in Florida, texano
d’adozione fino al trasferimento a Nashville nei primi anni novanta. Reese
è il comprimario di lusso che ogni musicista sogna, un tastierista che
ha registrato con innumerevoli solisti e gruppi, rimanendo in secondo
piano senza farsi notare troppo Dagli esordi con i Second Coming, in compagnia
di Dickey Betts e Berry Oakley, alla partecipazione alle prime jam dalle
quali nacquero gli Allman Brothers (per sua sfortuna Gregg Allman tornò
dalla California…), proseguendo con i Captain Beyond, fino alla storica
esperienza con Stevie Ray Vaughan come membro dei Double Trouble dall’85
al ’90, chiudendo il periodo texano come tastierista di Lee Roy Parnell,
Joe Ely e Delbert McClinton, la fama di Wynans è cresciuta costantemente.
Quando si è spostato a Nashville il lavoro non è mancato con artisti country
(Brooks & Dunn, Trisha Yearwood, Hank Williams Jr.) e blues (Buddy Guy,
John Mayall, Kenny Wayne Shepherd). Negli spazi liberi si è divertito
con gruppi locali al 3rd & Lindsley Bar and Grill di Nashville, dove è
diventato amico di Jack Pearson, il chitarrista che tra il ’97 e il ’99
ha suonato negli Allman Brothers e che partecipa attivamente a questo
disco. Più recentemente Reese è diventato il tastierista di Joe Bonamassa,
che lo ha convinto a registrare questo disco, aiutandolo a radunare i
musicisti e producendo per la prima volta nella sua carriera. Immagino
che qualcuno storcerà il naso a questa notizia…ma state tranquilli, Joe
non ha fatto danni anzi, conferma di sapersi limitare quando lavora con
o per altri, come già ampiamente dimostrato dai dischi con Beth Hart o
con i Black Country Communion.
Sweet Release, prodotto con cura e senza eccessi, inciso agli
Ocean Way di Nashville, ha un suono perfetto, potente al punto giusto
ed è un gran bel disco, un riassunto della carriera e delle passioni del
tastierista. Non essendo né un autore né un cantante, Wynans ha ripreso
alcuni episodi significativi della sua storia ed altri brani che lo hanno
influenzato, affiancato dagli ospiti che contribuiscono in modo decisivo
alla riuscita dell’album. L’impronta del suono di Stevie Ray Vaughan è
inevitabile: quattro tracce sono tratte dai due dischi incisi in studio
con il chitarrista texano, In Step e Soul To Soul, a partire
da una grintosa e roboante Crossfire
(l’unico brano di cui Reese è coautore) con il leggendario cantante soul
Sam Moore alla voce (e che voce!) e dallo strumentale Say What
che aprono il disco. In entrambi i brani la sezione ritmica è nelle mani
dei Double Trouble, Tommy Shannon (basso) e Chris Layton (batteria), con
Kenny Wayne Shepherd alla chitarra solista e Jack Pearson alla
ritmica. Il raffinato strumentale Riviera Paradise,
quieto e jazzato, assume cadenze cinematografiche date dall’arrangiamento
orchestrale, con Reese solista all’organo (mentre nell’originale era al
piano), mentre il rock blues Hard To Be, tratto da Family Style
dei fratelli Vaughan, diventa un southern soul sostenuto dai fiati con
la voce di Bonnie Bramlett e Jimmy Hall e il piano honky-tonk di Reese.
Gli altri brani spaziano dal soul di That Driving Beat (Willie
Mitchell) con Mike Farris alla voce e Paulie Cerra al sax al blues
del mid-tempo You’re Killing My Love (Otis
Rush) irrorato dai fiati con una brillante interpretazione di Doyle Bramhall
II alla voce e chitarra e di So Much Trouble (Tampa Red) con l’armonica
di Mike Henderson in risalto, dal funky-soul jazzato di Soul Island
(The Meters) al boogie trascinante di The Shape
I’m In (Robbie Robertson) con la potente voce di Noah Hunt
e la chitarra di Shepherd, senza dimenticare l’epico gospel-soul Sweet
Release (Boz Scaggs) dove si alternano le voci di Paulie Cerra,
Keb’Mo’, Mike Farris, Jimmy Hall, Bonnie Bramlett Vince Gill e Warren
Haynes.
In queste tracce Wynans si ritaglia uno spazio solista maggiore del solito,
senza strafare, con classe e sapienza, restando in fondo un comprimario,
a differenza di altri due brani in cui è veramente protagonista: un pregevole
duetto con Keb’Mo’ nell’acustica I’ve Got A Right To Be Blue (Tampa
Red) e una toccante versione strumentale per solo piano di Blackbird
(Lennon-McCartney), che chiude sobriamente un disco decisamente riuscito.