Dieci lettere d’amore spedite in forma digitale,
scavando tra inediti rimasti nel cassetto, canzoni che non avevano trovato
una casa e una serie di appunti musicali per un nuovo album che sarebbe
dovuto uscire più in là nel tempo. È questa la ricetta di Joe Ely
per sopravvivere nel mezzo della tempesta emotiva e del caos umano che
stiamo vivendo: Love In The Midst of Mayhem. Il songwrter
texano ha la chioma imbiancata, miglia e polvere sotto i suoi stivali,
quarant’anni appena festeggiati dal suo leggendario Live Shots
(il disco dal vivo inciso durante la tournè inglese di spalla ai Clash),
ma ancora la voglia di trovare nella musica il potere terapeutico per
cogliere compassione e speranza intorno a sé.
La domanda che lo ha inchiodato alle sue responsabilità è stata semplicemente:
come posso essere d’aiuto? Il mestiere è uno soltanto, caro Joe, quello
dello storyteller, e dunque un pugno di canzoni, selezionate insieme alla
moglie Sharon, che fossero accomunate da un sentimento, uno sprone per
giorni migliori che arriveranno. L’intenzione è lodevole, il gesto certamente
affettuoso e siamo sicuri anche in totale buona fede, nonostante Love
In The Midst of Mayhem viva degli alti e bassi di una scaletta che
per forza di cose scava tra qualche perla e un po’ di riempitivi. C’è
materia che brilla di luce propria e altra che sembra soltanto abbozzata,
ci sono passaggi romantici che sanno di cieli texani sul border (soprattutto
i momenti più acustici e raccolti) e qualche ballata elettrica che pare
troppo rattoppata nei suoni e nella produzione (Cry non va da nessuna
parte, Garden of Manhatthan sembra una outtake del periodo di Love
and Danger), un limite evidentemente dovuto anche alla natura stessa
delle registrazioni.
I musicisti chiamati di volta in volta al fianco di Ely sono i soliti
compagni di strada di questi anni: Joel Guzman, più di tutti, che con
il suo accordion dipinge gli orizzonti di Soon
All Your Sorrows Be Gone e della tenera A Man and His Dog,
due fra gli episodi più emozianti nel dare forza al canto di Ely; e ancora
le chitarre di Rob Gjersoe e Bradley Kopp, il basso dell’inseparabile
Glen Fukunaga o di Jimmy Pettit, i quali in genere aggiungono pochi tocchi,
tenendosi un passo indietro rispetto all’intepretazione dello stesso Joe.
Qualche volta funziona, come nella tenerezza di There’s
Never Been e All of Your Love, altre invece tende a
sfilacciarsi non poco in una formula (quella, per esempio, di Your
Eyes e Don’t Worry About It) che abbiamo sentito nei dischi
migliori di Ely e che qui appare per quello che è davvero, materiale di
seconda mano (la confusa Glade of Glory, con il suo marziale sound
circense).
Per il significato generoso del suo gesto, e anche come sorta di instant
record, Love In The Midst of Mayhem può essere accolto senza recrimianzioni,
per il vero nuovo album di Joe Ely ci aspettiamo ben altro.