Esponente di una rinnovata
canzone d’autore sudista, dall’espressione un po’ ermetica, intreccio
di scuri umori blues, gotiche ballate folk e carezze soul notturne, Fredrick
James Mullis Jr. in arte Early James, da Troy, Alabama, è certamente
una delle scoperte più singolari entrate a far parte della scuderia discografica
della Easy Eye Sound, l’etichetta di Dan Auerbach (Black Keys). Quest’ultimo
si ritaglia ancora una volta il ruolo di produttore in occasione del secondo
album, il qui presente Strange Time To Be Alive, lasciando
però carta bianca al solo talento grezzo di Early James, che grazie al
suo stile vocale lacerato e rauco, un po’ lupo mannaro alla Tom Waits
perso nei campi di cotone del Mississippi, colora con tratti più accesi,
elettrici e stridenti il materiale dell’album.
Un passo avanti in termini di personalità e obiettivi rispetto al già
interessante esordio del 2020, Singing
for My Supper, uscito nel bel mezzo del trambusto della pandemia
e frenato nelle sue possibilità di crescita in pubblico. L’occasione si
ripresenta adesso e con tutte le carte migliori da giocare: aiutato da
qualche azzeccata comparsa, come quella della giovane collega Sierra Ferrell
in Real Low Down Lonesome, furbesca ballata d’amore dai toni latini
e retromaniaci, infarcito di musicisti dal curriculum inattaccabile quali
Tom Bukovac (Willie Nelson, Keb’ Mo’) alle chitarre, Jay Bellerose (Joe
Henry) alla batteria, e Mike Rojas (Tyler Childers, Yola) alle tastiere,
il disco accentua la singolare scrittura di Early James, eclettica tanto
nelle liriche quanto nella parte musicale, un mix di evocazioni jazzy
alla Tom Waits e di languori roots appresi dalla lezione di The Band.
Nell’insieme l’opera ne guadagna enormemente in fascino e mistero, aprendo
sulle note sinuose e bluesy di Racing to a Red
Light e trasportando l’ascolto nei vicoli bui di una Straightjacket
for Two che potrebbe sbucare da una session di Raindogs, o ancora
fra le volute di fumo e alcol di My Sweet Camelia e nell’inferno
di Harder to Blame. L’accusa di una
dipendenza stilistica sarà il fardello che Early James si troverà sulle
spalle da qui in avanti, ma l’intensità dell’interpretazione e la perfetta
trama sonora che Auerbach e band ricamano intorno al suo songwriting lasciano
in disparte le accuse più superficiali. Strange Time to Be Alive è
un disco che colpisce nel segno per il suo carattere anomalo nella geografia
dei giovani autori Americana e anche quando Early James prende la strada
della tradizione tout court, la qualità istrionica delle sue ballate,
dalla stessa What a Strange Time to be Alive
alle numerose varianti in chiave romantica di Splenda Daddy, Wasted
and Wanting fino al crooning della pianistica e demodè Pigsty,
l’impressione è di trovarsi davanti a uno stilista di suoni e versi che
possiede anche un carattere poetico e istrionico da mettere in mostra.
La riprova? L’agitata e gorgogliante Dance in
the Fire, solo voce (e che voce) e chitarra acustica, che asciugando
al massimo la composizione di Early James ne evidenzia ancora di più i
tratti spiritati e affascinanti, degni di una lunga eredità musicale.