Marcus King è stato
un bambino prodigio del rock e abbiamo imparato a conoscerlo bene in questi
anni. Il suo esordio risale al 2014 con l’ottimo Soul Insight (quando
aveva 19 anni!) pubblicato dall’etichetta di quello che potrebbe essere
il suo padre putativo, Warren Haynes, per continuare con dischi di notevole
spessore come Carolina
Confessions del 2018. Nel 2020 King, sotto la guida di Dan
Auerbach (Black Keys), abbandona il collettivo della Marcus King Band
per presentarsi come artista solista e pubblica El
Dorado, che, a nostro avviso, nonostante fosse gradevole, suonava
più come un disco di Auerbach rispetto a quanto non era stato fatto finora
dal chitarrista della South Carolina.
L’avventura con Auerbach però continua e in questa seconda metà del 2022
esce il secondo capitolo, Young Blood. Gestazione non facile,
lo stesso King parla di dipendenze e periodi bui (che probabilmente, se
paragonati agli eccessi di altri rocker come Mark Lanegan o Keith Richards,
sarebbero etichettabili semplicemente come “giornate relativamente piatte”)
che però è riuscito a superare, lasciandosi alle spalle i bagordi da cliché
del rock'n’roll per tornare in pompa magna a imbracciare la fedele Gibson
ES. A parte le vicissitudini personali, in Young Blood Marcus King,
in formazione ridotta, è in grado come sempre di tirare fuori grandi riff,
assoli al fulmicotone e un’atmosfera rock che in questo disco vira dal
southern all'hard rock anni ‘70 di band come Free o Grandfunk Railroad.
La partenza viene data da It’s Too Late
con un cantato che ricorda Truckin’ dei Grateful Dead ma una chitarra
granitica e un tiro del trio di musicisti da treno espresso Milano-Roma.
La locomotiva di Marcus King si spinge sempre avanti con brani come Lie
Lie Lie, Pain (di stampo ZZ Top), Good and Gone. E proprio
i già menzionati Free di Paul Kossoff vengono richiamati platealmente
in Dark Cloud (anche se impreziosita
da venature soul). Altri brani invece ritornano alle origini southern
di King, da Rescue Me a Blood on the Tracks.
E la conclusione viene lasciata a Blues Worse than I Ever Had,
anche qui richiamando le radici “sudiste” della musica del giovane chitarrista,
per un finale lento in contrasto con la scarica adrenalinica offerta dal
resto del disco. Il tutto è stato registrato negli studi Easy Eye Sound
di Dan Auerbach a Nashville nell’estate del 2021 avendo come supporto
solo quello dei navigati Chris St. Hilaire alla batteria e Nick Movshon
al basso, mentre i brani sono stati scritti in collaborazione con Auerbach,
Desmond Child e Angelo Petraglia.
Young Blood rappresenta in parte un ritorno alle origini e anche
uno scostamento dal precedente lavoro, dove la mano di Auerbach era piuttosto
“invadente”. Qui tutto suona come se fosse farina del sacco di King e
lui si muove tra i brani in perfetta scioltezza. Dopo Carolina Confessions,
questo potrebbe essere il risultato migliore ottenuto fino ad oggi da
parte del musicista della Carolina e una prova certa che, volendo ben
vedere - sebbene non ci siano più band come Led Zeppelin, Cream o Experience
e che i Greta Van Fleet non siano all’altezza dei gruppi che emulano o
che i Maneskin non abbiano portato niente di nuovo nella musica etc… -
comunque esistono giovani musicisti di grande livello che avremo modo
di apprezzare ancora per molti anni. Sempre che non vengano consumati
prima del tempo dagli eccessi della vita da rocker.