Per molti
appassionati italiani l’approccio con i DeWolff è avvenuto al recente
concerto milanese dei Black Crowes dove il trio olandese ha svolto egregiamente
il ruolo di apertura, impressionando per il suono vintage da power-trio
con venature psichedeliche. Ma la band, formata dai fratelli Pablo e Luka
Van De Poel, il primo alla voce e chitarra e il secondo alla batteria,
e dal tastierista Robin Piso all’Hammond e Wurlitzer è attiva da più di
15 anni, avendo esordito con un EP nel 2008 seguito l’anno dopo dall’album
Strange Fruits And Undiscovered Plants e poi da una dozzina di
altre uscite tra dischi in studio, dal vivo e mini-album, quasi tutti
finiti nelle zone alte della classifica olandese.
Love Death And In Between è una reazione ai due album precedenti:
Tascam Tapes, inciso in modo spartano su un registratore a cassette
a quattro piste degli anni ottanta e Wolfpack, registrato separatamente
durante la pandemia. Questa volta il trio si è circondato di altri musicisti:
una sezione fiati, coristi, percussioni per creare un’atmosfera festosa
ed esuberante. La scintilla che ha portato a questa scelta e, soprattutto,
a una svolta in chiave rhythm and blues e soul del suono, è stata la visita
a Memphis nel 2019 dove Pablo ha assistito a un sermone di Al Green (grande
cantante soul e gospel, dal ’74 pastore della Full Gospel Tabernacle)
nella sua chiesa, che lo ha colpito profondamente. Da qui è partita una
ricerca di vecchi dischi soul e r&b che hanno influenzato le nuove
canzoni e il suono del disco inciso in Bretagna, nello studio Kerwax con
apparecchiature vintage analogiche nel corso di due intense settimane,
senza sovraincisioni.
Il disco parte con la botta di adrenalina di Night
Train, errebi in cui l’interessante voce sporca di soul di
Pablo si confronta con esuberanti controcanti femminili, con una batteria
incessante e un organo in sottofondo (essenziale in questo disco più della
chitarra) che ricorda il suono di Jon Lord dei Deep Purple. Nel break
si inserisce una chitarra furibonda e distorta d’impronta rock fino all’entrata
dei fiati nel finale gospel. Heart Stopping Kinda Show prosegue
con un ritmo trascinante e un Hammond da applausi, mentre Will o’the
Wisp offre la prima pausa con un rallentamento di matrice soul, replicato
dalla bluesata Jackie Go To Sleep in cui il trio dimostra di essere
in grado di toccarla piano con classe. Il fulcro del disco è Rosita,
una traccia di 16’ che parte lenta sviluppandosi mischiando ritmi e tempi
diversi, accelerazioni e fermate, echi di Turn On Your Lovelight,
momenti blues e gospel, insomma un miscuglio che potrebbe sembrare confuso,
invece funziona egregiamente.
Il gospel-soul Garbage Man, con una chitarra ispirata, e Counterfeit
Love, caratterizzata da un groove insistente, proseguono in modo convincente,
mentre qualche limite si evidenzia nella parte finale del disco (che forse
è troppo lungo) con due ballate un po’ scontate che precedono il prorompente
errebi Wontcha Wontcha in cui spicca
una chitarra santaniana e il finale lento e cadenzato di Queen Of Space
& Time con un ricercato impasto di organo, chitarra e flauto. In questi
giorni il trio sta girando in Europa (nessuna tappa italiana per ora):
molte date sono già esaurite, confermando la crescita di interesse nei
loro confronti.