Già il titolo del disco
che rimanda ai Capricorn Studios di Macon, Georgia (casa dell'Allman Brothers
Band, tra gli altri) ci dà una precisa indicazione musical-geografica
su dove questo nuovo lavoro di Eddie 9V si voglia collocare. Nonostante
il nome da pila alcalina e la giovanissima età, Eddie 9V, al secolo Brooks
Mason, è un artista che pesca a piene mani dalla storia musicale americana
che passa anche spesso per la provincia remota e da città come Atlanta,
nell’America da strade blu, dove il chitarrista e cantante è nato e cresciuto
27 anni fa.
Se il disco precedente, Little
Black Flies,
era maturato più nel segno del blues, qui la partenza è tutta r&b: da
Beg Borrow And Steal, con fiati a
profusione e tanto ritmo per un pezzo godereccio in stile Stax alla successiva
Yella Alligator, fortemente influenzata da Little Feat (o anche da
certi Black Crowes) con una cadenza assolutamente southern che in tempi
recenti potrebbe reggere bene il paragone con Nathaniel Rateliff & The
Night Sweats. Il funk nero di James Brown, e di Sly & The Family Stone,
irrompe nel disco con la prima cover, Bout To
Make Me Leave Home, resa popolare da Bonnie Raitt, mentre la
ballad Are We Through? ha il tocco vellutato del soul della Motown.
Una sfumatura più leggera, anche negli arrangiamenti, la offre It's
Going Down, chitarre acustiche, flauti, sax, batteria spazzolata per
un brano mid-tempo dilatato ed etereo.
Cambia invece le carte e torna in territorio r&b il brano Tryin’ To
Get By con organo in bella mostra, seguito da una cover nientemeno
che di Bob Dylan, Down Along The Cove (da
John Wesley Harding), carica di funk e groove. Una versione orientata
al soul del traditional gospel Mary Don’t You Weep e due brani
originali (Missouri e I’m Lonely) chiudono il terzo album
di questo ragazzo figlio dell’America del sud, luogo meno cosmopolita
e internazionale delle grandi metropoli, ma che ha dato tanto alla musica,
a partire dagli ancheggiamenti di un semplice ragazzo di Tupelo in poi.
Una fila interminabile (troppo lunga per citarli tutti) di bravissimi
musicisti dà un tocco più convincente al disco, che viene registrato,
come dice lo stesso Eddie, come se fossimo negli anni Sessanta e dove
le piccole imperfezioni non vengono eliminate per dare un senso di maggiore
autenticità, al contrario di quello che l’industria discografica di oggi
fa continuamente. Così, dopo ventisette anni passati ammirando
le band e gli artisti americani che l’hanno maggiormente influenzato e
la loro musica registrata agli stessi Capricorn Studios, Eddie assolda
un gruppo locale di undici elementi per una nuova sfida, sicuramente coraggiosa
e intrigante, ovvero sia registrare nei suddetti famosi studi l'album
ad oggi più rock & soul della sua discografia. Il clima festoso che
viene descritto nelle note di presentazione del disco si sente in modo
preponderante nelle canzoni e nel risultato, che è di buon auspicio per
questo inizio di nuovo anno discografico.