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American Aquarium
The Fear of Standing Still
[Losing Side Records/ Goodfellas 2024]

Sulla rete: americanaquarium.com

File Under: vecchia guardia alt-country


di Fabio Cerbone (30/07/2024)

Figli prediletti di Raleigh, North Carolina, vent’anni o quasi di carriera alle spalle che hanno comunque contribuito ad allargare la base dei loro estimatori, diventando una delle band più rispettate del circuito roots rock nazionale, gli American Aquarium sono sempre stati, senza infingimenti, un’estensione del songwriting di BJ Barham, punto di riferimento insostituibile all’interno di un gruppo che nel tempo ha cambiato spesso fisionomia. Per tale motivo il precedente album, Chicamacomico, curioso nome che prendeva spunto dai luoghi nativi del musicista, sembrava il “grado zero” della band, un disco in prevalenza acustico e molto personale che diventava una cosa sola con i ricordi e l’esperienza di vita di Barham stesso, per giunta concepito in un clima da post pandemia che ne accentuava gli aspetti intimi.

The Fear of Standing Still è qui per smentire tutto, ribaltare il tavolo e tornare all’energia elettrica che ha dato vita all’avventura degli American Aquarium, restituendo la sensazione di una vera rock’n’roll band che spintona alle spalle del leader. Giocano nello stesso campionato di Lucero e Drive-By Truckers questi ragazzi, anche se non hanno raccolto gli stessi onori: nelle canzoni di The Fear of Standing Still mostrano un’anima alternative country e un cuore rock, aprendo con il fragore punk di Crier, un brano per cui i Gaslight Anthem farebbero carte false, se avessero ancora questa ispirazione, e chiudendo con il baldanzoso boogie sudista di Head Down, Feet Moving, già pronta a fare proseliti dal vivo.

Registrato e prodotto a Los Angels, presso il famoso Sunset Sound studio, sotto la regia dell’amico Shooter Jennings (che aveva già lavorato con la band in Lamentations) The Fear of Standing Still è l’album più ispirato e diretto degli American Aquarium dai tempi del celebrato Burn.Flicker.Die (frutto della collaborazione con Jason isbell), avendo trovato l’equilibrio perfetto fra gli impulsi rock urbani e romantici e la scrittura country e narrativa di Barham. Quest’ultimo si lancia tra riflessioni da padre di famiglia che ha lasciato definitivamente alle spalle i suoi demoni e ricognizioni sociali sull’America di oggi, trovando la sintesi ideale del suono che ha in testa con la ballata tra alt-country e heartland rock di Messy As a Magnolia, o ancora attraverso la dolcezza rootsy di Cherokee Purples e The Curse of Growing Old e il battito da gang di strada di The Getting Home, altro episodio fra il New Jersey di Springsteen e il domestico abbraccio della North Carolina.

Il duetto con Katie Pruitt in Southern Roots avvia una riflessione franca sulle proprie origini e l'eterna “questione sudista”, provando a scavare tra identità e pregiudizi che tornano ciclicamente a galla, mentre la tenera poetica di Babies Having babies affronta il tema quanto mai attuale del diritto di scelta della donna, in un paese che sembra fare pericolosamente retromarcia nel segno dell’oscurantismo più fondamentalista.

BJ Barham e compagni (da citare almeno le chitarre di Shane Boeker e la pedal-steel di Neil Jones) si scrollano di dosso l’apatia di qualche anno buio e rimettono gli stivali sull'asfalto bollente della strada, riprendendo i fili di un roots rock che guarda alle emozioni e al senso comunitario: centro pieno!


    



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