Che strana
avventura la vita di Tucker Zimmerman, 83 anni e una nuova opportunità,
inattesa, di farsi conoscere dal pubblico, lui rimasto per troppo tempo
un oggetto misterioso, un culto mischiato tra i tanti folksinger americani
emersi in quella stagione di rinascenza che è stata la fine degli anni
Sessanta. Ci siamo abituati in realtà a queste resurrezioni artistiche
e riscoperte discografiche improvvise, da Bill Fay a Rodriguez, per citrare
i casi più clamorosi, l’elenco si è arricchito grazie al desiderio di
fare luce su personaggi messi in un angolo, per sfortuna o semplicemente
per scelte personali.
Ricade forse nel secondo caso la storia di Zimmerman, che oggi ha trovato
nei Big Thief di Adrianne Lenker e Buck Meek dei giovani sostenitori
innamorati della sua arruffata poesia folk, principali “sponsor” di questo
album che la 4AD ha accolto con entusiasmo nel suo catalogo. Non facciamo
fatica a comprendere l’infatuazione di Lenker e soci per la sensibilità
musicale di Zimmerman, che sembra abitare spazi molto affini all’emotività
degli stessi Big Thief, specialmente nei passaggi più rootsy e acustici
del loro Dragon New Warm Mountain
I Believe In You. Nel candore country folk espresso in Old Folks
of Farmersville e Burial At Sea,
con il fluttuare leggero della pedal steel di Mat Davidson in sottofondo,
oppure tra i sussurri gentili delle voci (Adrianne Lenker una spalla costante
in tutto il disco) che adombrano la bellezza fragile di Lorelei
e The Season, si svelano tratti comuni,
come se i Big Thief avessero incontrato un padre nobile disperso da chissà
quanto tempo.
Zimmerman, californiano di origini, è germogliato come musicista nella
San Francisco brulicante dell’epoca psichedelica di metà anni Sessanta,
ha portato avanti studi classici al piano, ma si è innamorato anche del
blues e della rivoluzione rock dell’epoca. Da lì sono scaturite le sue
prime produzioni, in particolare quel debutto del 1969, Ten Songs,
che portava la firma del produttore Tony Visconti e che pare avesse conquistato
anche il cuore di David Bowie. Tucker Zimmerman però, sembra evidente
dalla sua stessa biografia, era un artista destinato a un percorso più
riservato, e dopo un altro disco a metà anni Settanta, si è mosso tra
l’Italia (dove ha studiato musica con il compositore Gofreddo Petrassi)
e soprattutto il Belgio, sua casa definitiva per i successivi cinquant’anni
insieme alla moglie Marie Claire, la cui stessa infantile e deliziosamente
impacciata voce ritroverete a duettare nella scherzosa filastrocca di
Leave It On The Porch Outside.
Nel mentre è giunta un’altra dedina di oscuri album, e tra canzoni scritte
per altri (tra i quali Paul Butterfield), colonne sonore e collaborazioni
con il figlio Quanah, Zimmerman non ha mai pensato di tornare “visibile”
fino a che non si è manifestata l'opportunità di Dance of Love.
Dieci canzoni che fanno della loro bislacca “approssimazione”, della loro
fanciullesca e minimalista visuale hippie-folk, la stessa che passa dalla
concretezza di They Dont Say (But It’s True) allo svago di The
Ram-A-Lama-Ding-Dong Song, un punto di forza espressiva più che un
apparente trascuratezza di scrittura musicale. Anche perché il songwriting
di Zimmerman è capace di esprimere una sua personale poetica, magari un
po’ sghemba, lì dove i versi contengono gioia, messagi positivi e di pace
come li definisce il protagonista stesso, incontrandosi a metà strada
con il suono festosamente zoppicante dei Big Thief.
Sono questi ultimi che nelle più movimentate
Idiot’s Maze e Nobody Knows
sembrano esattamente richiamare il gesto americana un po’ obliquo dei
Wilco (che non a caso hanno collaborato con un altro redivivo, Bill Fay):
la prima inciampa su una ritmica al galoppo e sull’ordito scanzonato di
chitarre e melodia, la seconda declina nei suoi sei minuti e mezzo un
finale un po’ cubista da aspro folk blues elettrico con quella domanda
- What’s going to happen next? - che Tukcer Zimmerman sembra rivolgere
direttamente a se stesso, in quel misto di incertezza e ironia della sorte
che l’esistenza gli ha riservato grazie alla realizzazione imprevista
di Dance of Love.