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soulful folksinger di
Fabio Cerbone (16/12/2013)
Rompe
un silenzio assordante di quattro anni la pubblicazione di If You Lose Your
Light, disco "scandinavo" che ci restituisce il nome di Kreg Viesselman.
Su di lui avevamo scommesso forte dopo che The
Pull si era aperto una breccia con il suo appassionato suono acustico,
lasciando sperare che Viesselman potesse ancora rilanciare le tante ombre di quei
folksinger che scrutano nell'intimo dell'animo umano. Il piccolo tour italiano
che accompagnò quel disco rivelava già un ragazzo introverso: lo ricordo sperduto
e forse un po' deluso per una serata in un piccolo club milanese dove gli scarsi
avventori erano letteralmente rapiti dalle sue ballate. Difficile dire quali cause
gli abbiano inferto i colpi più duri, se sia stato soltanto un personale ritiro
o qualcosa di più complesso, una disillusione che ha avuto a che fare con la musica
stessa: di fatto Viesselman ha abbandonato definitivamente la madre patria e si
è stabilito in Europa, trovando il suo "Eldorado" in Norvegia e nella collaboraizone
con alcuni musicisti locali.
If You Lose Your Light nasce così, dopo che
alcuni talent scout del luogo restano fulminati da una esibizione per sole voce
e chitarra al Jazz Club di Oslo. Pochi mesi dopo Viesselman firma un contratto
con la Sony norvegese (altro mondo, evidentemente, rispetto alle pastoie dei talent
show nostrani...) e trova una distribuzione internazionale grazie agli olandesi
della Continental Song City (gli stessi che ci hanno regalato Isreal Nash Gripka,
per intenderci). Noi ringraziamo gli amici norvegesi, i musicisti al fianco di
Kreg (Anne Lise Frøkedal, Sondre Meisfjord, Øystein Hvamen Rasmussen nel trio
di base) e la loro sensibilità, se possiamo ancora godere del talento di questo
songwriter partito dal Midwest americano per vagare nel vecchio continente.
If
You Lose Your Light è un po' il secondo tempo di The Pull, volendo ancora più
scarno ed essenziale nel costruire un sound basato su chitarre acustiche, pianoforte
e qualche voce di fondo che profuma di gospel. Viesselman non ha bisogno di molti
colori per ravvivare canzoni come If You Think You Know
Me, Tin Cups, The Great Deceiver
o la conclusiva, solitaria e commovente The Well.
La tradizione in cui si immerge è quella che parte dal celtic soul di Van Morrison,
passa attraverso il John Martyn più tradizionalista e arriva ai giorni
nostri di Ray Lamontagne, un contemporaneo che a tratti è facile scomodare per
descrivere la musicalità soul che sprizza dalla voce di Viesselman. Ce lo dimostrano
i momenti più luminosi dell'album: Frieze of Life,
stiliticamente molto legata al lavoro precedente The Pull, oppure Morning,
Come and Help Me, che effettivamente spinge nella direzione dell'esordio
del citato Lamontagne, con un coro black che soffia alle spalle; e ancora il dolce
pickin' dell'acustica e il fischiettio spensierato che accompagna una autobiografica
Emigration. Le melodie di Kreg Viesselman
sono calde e confortevoli, forse scontano un briciolo di eccessiva uniformità
(in fondo l'intero disco è costruito su precise dinamiche acustiche), ma conforta
ritrovare questa voce e queste storie.