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2013:
i 50 dischi di RootsHighway | ||
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"...The Silver Gymnasium va oltre però, perché compie il piccolo miracolo di non essere un progetto sperimentale che abbraccia un singolo suono, ma elabora una nuova era dove i vecchi Okkervil River convivono benissimo con quelli nuovi..." | ![]() | ![]() | ||||
"...The Folk Sinner riunisce in sé un sound etereo, magnetico e psichedelico che ad ogni ascolto rileva qualcosa di sorprendente e affascinate. Un sound dalle tinte noir che shakera e serve nel bicchiere un melange esplosivo di groove notturni, colori psichedelici o acidi..." | ![]() | ![]() | ||||
"...Fanfare espande la musa di Wilson in mille direzioni, confermandolo musicista, autore, produttore in grado di saccheggiare con intelligenza e modernità un bagaglio di influenze infinite, scolpite nella memoria storica del rock'n'roll. L'età è quella dell'oro, a cavallo tra la fine delle utopie dei sixties e la lunga scia del decennio successivo: dentro Fanfare c'è una sequela di rimandi e citazioni..." | ![]() | ![]() | ||||
"...la scelta solista è giustificata dagli arrangiamenti essenziali, da un suono sparso e minimale nel quale domina la chitarra acustica, lasciando emergere maggiormente la voce melodica e i testi personali e intensi di Jason, mai banale nel descrivere vicende personali o storie di perdenti del profondo sud. La qualità della scrittura è davvero notevole..." | ![]() | ![]() | ||||
"...Once I Was an Eagle è infatti il disco più cupo, secco e integerrimo della sua recente produzione, sedici brani e un'ora abbondante di musica che reclamano uno sforzo di adesione totale a chi si pone all'ascolto, per penetrare la coltre dei sentimenti e delle confessioni che la giovane cantautrice mette a nudo..." | ![]() | ![]() | ||||
"...The Low Highway è il ritorno sulla strada - sporca, polverosa, linfa necessaria per l'artista - di Steve Earle, affrontando faccia a faccia gli spettri dell'America di oggi dalla prospettiva di un musicista che attraversa la nazione e prende nota dei margini e delle tante vite alla deriva..." | ![]() | ![]() | ||||
"...un album dunque dal mood cupo e dai ritmi cadenzati dove Jeff Tweedy ha lavorato costantemente di sottrazione: suona tutto o quasi (c'è anche il giovanissimo figlio Spencer alla batteria) e dirige la Staples in maniera disciplinata, contornandola delle voci giuste, di quelle piccole nuance che rendono i brani capolavori di equilibrio.... " | ![]() | ![]() | ||||
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"...raggiungete lo sciamano Bill che vi aspetta su una delle montagne della copertina (verrebbe da dire dalla sua mountain of song, dando adito ai paragoni con Leonard Cohen, per nulla campati in aria): vedrete passare aquile e giavellotti, gabbiani, piccoli aerei e frecce, attraverserete radure folk e jazzate, incontrerete arpeggi, feedback e campiture..." | ![]() | ![]() | ||||
"...Muchacho sarà anche un disco eccessivo, ridondante, persino molesto in alcuni frangenti (lo è certamente per chi pensava di avere a che fare con un piccolo fratello di Bonnie Prince Billy), ma in realtà nasconde un cuore lirico compassionevole e disarmante, con testi che aprono l'anima e il cuore dell'autore, facendo quasi supporre che si tratti di un'opera catartica..." | ![]() | ![]() | ||||
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"...fra intuizioni già percepite nelle trame dei Bad Seeds e una poetica che tenta di spingersi in avanti senza rinnegare l'impetuoso, tormentato percorso precedente, Push the Sky Away più che un punto di arrivo, è un riassunto di alcune prospettive, quelle più interiori, dell'artista australiano..." | ![]() | ![]() | ||||
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