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Year in Music - Il meglio del 2002 Siamo già
al terzo tentativo! E quest'anno RootsHighway prova a fare le cose in grande.
Poche righe sotto troverete un 2002 in musica sezionato in ogni suo dettaglio,
per offrirvi una panoramica, si spera il più esaustiva possibile, di quello
che si è mosso nel mondo del rock'n'roll. 40 titoli complessivi dovrebbero
essere in grado di riassumere una gran parte delle buone cose sentite negli ultimi
dodici mesi: come sempre li abbiamo divisi tra le categorie dei cosiddetti magnifici
(una sorta di big di RootsHighway) e delle rivelazioni o outsiders,
cercando di mediare tra l'esigenza primaria del sito, quella cioè di promuovere
la musica ai margini del mercato, e le grandi uscite che non potevano essere tralasciate.
Un anno in cui l'industria discografica ha continuato nella sua discesa libera;
un anno in cui il rock'n'roll, quello che piace tanto a noi, è stato come
sempre denigrato e dato per morto; un anno in cui i grandi saggi del rock hanno
alzato la voce; un anno dove le parole delle canzoni hanno contato più
del solito; un anno dove le giovani promesse non sono per fortuna mancate; un
anno infine dove la musica ha forse aiutato a riflettere...
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I Magnifici di RootsHighway
Top Ten del 2002 (01-10) 
1.
Drive By Truckers - Southern
Rock Opera (Lost Highway) Ancora
storie dal profondo Sud, con una delle uscite più ardite che il mondo Americana
abbia conosciuto. Doppio album con velleità di concept, Southern Rock Opera
è una saga sudista in piena regola e i Drive by Truckers una banda di rednecks
fuorilegge che sanno cosa significa scaldare le valvole di un amplificatore. Tira
aria da anni settanta, ma non c'è solo southern -rock: molto Neil Young,
sano hard-rock, sfuriate punk e alternative-country. Originariamente pubblicato
indipendente nel 2001, è stato ristampato dalla benemerita Lost Highway:
giusto in tempo per rientrare nella top ten.
2.
Wilco - Yankee
Hotel Foxtrot (Nonesuch) Avrebbe
forse meritato più attenzioni, ma la diatriba un po' sterile tra puristi
roots e sperimetatori ha distolto l'attenzione dalle canzoni, che sono in fondo
la cosa che Jeff Tweedy riesce a fare meglio. Continua
a cercare la pop song perfetta il nostro Jeff: Yankee
Hotel Foxtrot ha un incedere pigro e crepuscolare. Folk-pop stralunato, a tratti
scontroso, altre volte decisamente radiofonico, che rende moderna la lezione della
Band e mischia i Beach Boys con i Buffalo Springfield.
3.
Solomon Burke - Don't
Give Up on Me (Fat Possum) C'era
bisogno della lungimiranza della Fat Possum per rimettere in carreggiata una delle
ultime grandi icone soul della musica nera, troppo spesso sacrificato ad un repertorio
e a scelte stilistiche pasticciate. Con canzoni finalmente all'altezza, il supporto
di seri musicisti, i suoni giusti ed una produzione minimalista e semplicemente
perfetta (Joe Henry), Solomon Burke ci scalda il cuore. Ci vuole poco, con una
voce grande così.
4.
Bruce Springsteen - The
Rising (Columbia) Bruce
non poteva esimersi dall'affrontare l'apice di una crisi d'identità che è
maturata l'undici settembre 2001: lo ha fatto con una scelta di campo che non
è politica (come la disinformazione quotidiana ha dato ad intendere) ma umana,
con tutta la forza dell'umanità di cui ancora dispone il rock'n'roll. Un disco
carico di speranza, fede, coraggio, perché dal fondo si può soltanto risalire,
come sembra suggerire anche il titolo. Un grande pugno alzato nel nome del rock'n'roll
5. Hank III
- Lovesick, Broke and Driftin'
(Curb) Buon
sangue non mente: i cromosomi della famiglia Williams hanno saltato una generazione
e dal nonno sono finiti direttamente al caro nipotino,
un fuorilegge della country music, purista fino al midolllo, che manda a farsi
benedire le stellette pop di Nashville, richiamando a raccolta gli spiriti della
più autentica tradizione. Ballate da bivacco, veloci honky-tonk, immagini
di un'America da cartolina, il tutto inaffiato da un'anima punk e ribelle: il
salvatore che stavamo cercando da tempo.
6.
Paul Westerberg - Stereo/
Mono (Vagrant) Lo
citano tutti, ma proprio tutti (da Jakob Dylan a Ryan Adams) e parecchi gli hanno
anche rubato qualche melodia, in buona fede, si intende. Stereo e Mono sono le
due facce di un songwriter irrequieto e scomodo: ha sbagliato tutte le mosse ed
ora si ritrova a cantare nella sua cantina, ma con quale ispirazione. Da una parte
le ballate arruffate e romantiche di Stereo, dall'altra il rock'n'roll grezzo
e primordiale di Mono. Produzione inesistente, buona la prima: sia lodato
7.
Peter Wolf - Sleepless
(Artemis) Ci è
sfuggito per un attimo di disattenzione, ma ciò non significa che non si
possa fare giustizia: Sleepless è un esercizio di classe non indifferente
per un autore ed interprete che ha conosciuto giorni di gloria come leader della
J-Geils band ed ora si diverte a mischiare i suoi amori musicali. Un disco di
ballate sopraffine, con tanti ospiti e grande musica: country, soul, border music
e rock'n'roll miscelati ad arte e non un suono che sia uscito fuori posto.
8.
Steve Earle - Jerusalem
(E-Squared/Artemis) Breve,
duro e politicamente scorretto: Steve Earle non si siede sugli allori e sforna
un disco scomodo, in cui contano tanto i testi controcorrente quanto una musica
che rispetto al passato si fa più secca e lineare. Jerusalem è una
istantanea ispiratissima sull'America confusa di oggi, vista dalla prospettiva
di un uomo che ha conosciuto gli inferi e ha saputo farne tesoro. Non è
un predicatore ne tanto meno una star scaltra che sfrutta politica e beneficienza:
è un rocker tutto di un pezzo, di quelli che nascono ogni venti-trent'anni
9.
Lucero - Tennessee
(Madjack) L'alternative-country sarà anche
un ricordo del passato, la coesione e la spinta del movimento roots non godranno
della salute di qualche anno fa, ma se dal nulla spunta una band come i Lucero,
tutte le nostre previsioni fanno a farsi benedire. Tennesse è solo il secondo
episodio, ma mostra maturità di scrittura ed arrangiamento sorprendenti.
Le radici country sullo sfondo, le chitarre scorticate, una voce increspata che
è pura sofferenza ed un'aria di depressione provinciale che toglie il respiro.
10.
Neko Case - Blacklisted
(Bloodshot/ Matador) La nuova regina del "country
noir": una voce tuonante che tocca con alternanza le vette del paradiso soul
e i bassifondi della country music più tenebrosa. Un sound avvolgente e
desertico, banjo e chitarre acustiche da una parte, riverberi ed sfumature jazz
dall'altra, Neko Case gioca a fare la chanteuse maledetta e la femme fatale, aiutata
nell'operazione dall'intera banda di Tucson, ovvero Giant Sand, Calexico e derivati.
Sensuale
Runners
(11-20)
11. Guy Clark
- The Dark (Sugar
Hill) 12. James
McMurtry - St.
Mary of The Woods (Sugar Hill) 13. David
Johansen & Harry Smiths - Shaker
(Chesky) 14. Jorma Kaukonen -
Blue Country Heart
(Columbia) 15. Tom Waits
- Alice/ Blood Money
(Anti/Epitaph) 16. Chuck E. Weiss
- Old Souls and Wolf Tickets
(Rykodisc) 17. Mary Gauthier
- Filth & Fire
(Munich) 18. Sixteen Horsepower -
Folklore
(Glitterhouse) 19. Jon Dee Graham
- Hooray For the Moon
(New West) 20. Los Lobos
- Good Morning Aztlan
(Mammoth)
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Rivelazioni, outsiders ed esordienti (o quasi) Top
Ten (10-01) 
1.
Paul Thorn - Mission
Temple Fireworks Stand (Back Porch) Southern-rock
al dente, cori gospel, febbre da predicatore, Paul Thorn mischia sacro e profano,
John Hiatt e Lyle Lovett, chitarre slide, raucedine blues e rock'n'roll da strada
maestra in uno dei dischi più ingiustamente ignorati dell'anno: per foza,
viene da pensare...e chi ha più voglia di ascoltare belle canzoni, grandi
chitarre e sano rock americano? Presuntuosi? Può darsi, ma Mission Temple
Fireworks Stand è una goduria per i nostri sensi.
2.
Beachwood Sparks - Once
We Were Trees (Rough Trade) Di
tutte le giovani band invaghite dei sixties che ci hanno invaso di recente (Strokes,
Vines, Hives e similia), i Beachwood Sparks sono i meno chiacchierati e forse
quelli che avranno più sostanza per reggere nel tempo. Potremmo essere
smentiti domani, intanto ci godiamo le melodie anacronistiche di Once We Were
Trees: Byrds e Buffalo Springfield rivisitati nel nuovo millennio, cori celestiali,
chitarre scintillanti e sperimentazioni psichedeliche per una nuova California.
Sono tornati i figli dei fiori.
3. Mark
Selby - Dirt
(Vanguard) Da blueman di dignitoso avvenire a rocker
tutto passione e sudore, Mark Selby ha scelto di barattare la veste di purista
delle dodici note per abbracciare ritmi e soluzioni assai più torridi.
Quando le chitarre alzano il tiro finiamo dalle parti di un rock'n'roll bollente
e filo-Mellencamp, mentre le ballate mischiano fiati, anima soul e chitarre acustiche
con arrangiamenti sempre fedeli ad un maistream-rock di cui francamente sentiamo
la mancanza.
4.
Tift Merritt - Bramble
Rose (Lost Highway) Esordire
in casa Lost Highway con la produzione di Ethan Johns (Ryan Adams) è già
un bel biglietto da visita: in più Tift Merritt ci aggiunge una buona dose
di talento e la capacità di interpretare un country-rock dalle timbriche
classiche, tra gli insegnamenti di Gram Parsons e i vocalizzi di Emmylou Harris.
Una serie interminabile di ballate stuggenti, qualche scatto rock'n'roll che profuma
di Stones anni settanta e la miccia dei ricordi si accende.
5.
Slobberbone - Slippage
(New West) Le
rock'n'roll band stanno diventando specie protetta, lo andiamo constatando da
tempo. Ci consoliamo pensando che ai margini sopravvivono ribelli senza causa
come gli Slobberbone, che non inventeranno nulla di nuovo (e chi ha detto che
bisogna sempre inventare qualcosa?), ma suonano solo e solamente rock'n'roll,
quello con le chitarre che urlano, le valvole che arrostiscono e gli amplificatori
in saturazione. Una salutare scarica di elettricità.
6.
Cary Hudson - The
Phoenix (Glitterhouse) Dovrebbe
passare come un veterano della scena roots, ma se lo ritroviamo tra le rivelazioni
è solo perchè, conclusasi la splendida avventura dei Blue Mountain,
Cary Hudson si è ripresentato più in forma che mai in veste solista.
The Phoenix accende i riflettori sulle sue orgogliose radici sudiste, mette parzialmente
a dormire le ballate country e i suoni dei monti Appalachi, per riscoprire le
chitarre blues, le paludi del Delta e la "sporcizia" del Mississippi.
Un disco che non avrebbe stonato in casa Fat Possum.
7.
Peter Bruntnell - Ends
of The Earth (Back Porch) Le
origini sono inglesi, ma al primo ascolto non ci credereste: già indicato
con il suo disco di debutto come uno degli ultimi puri dell'alternative-country,
Peter Bruntnell si ripete con eguale ispirazione. Al crocevia tra campagna e città,
ballate sornione, echi younghiani e chitarre modello Son Volt, questo ragazzo
unisce una soffice sensibilità tutta inglese con le melodie di Tom Petty.
8.
Josh Ritter - Golden
Age of Radio (Signature) Non
occorrono a volte produzioni stellari e particolari arrangiamenti per suscitare
emozioni: Josh Ritter ci riesce esclusivamente con la sua voce ed una chitarra,
cantando canzoni alla luna come fosse un novello discepolo di Nick Drake. Cresciuto
tra l'Idaho e l'Irlanda, Ritter sposa la triste poesia di un folksinger in depressione
con l'America di provincia: ringrazia Dylan, prega Townes Van Zandt, e insegue
gli insegnamenti di un altro outsider, Vic Chesnutt.
9.
Reto Burrell - Shaking
Off Monkeys (Blue Rose) La
globalizzazione ha effetti anche sul rock'n'roll:
in questo caso sembrerebbero molto positivi. Reto Burrell arriva da Lucerna, Svizzera,
ma non ditelo in giro, perchè i prevenuti potrebbero voltarsi dall'altra
parte. Peccato invece che questo ragazzo abbia registrato il disco più
frizzante del 2002 in tema di pop-rick stradaiolo. Inseritelo nello stereo della
vostra auto e godetene gli effetti salutari: un misto di chitarre e melodia sulla
scia di Wallflowers, Gin Blossoms e naturalmente mr. Tom Petty
10
Cheap Wine - Crime
Stories (Cheap Wine) Considerarli
degli outsiders sarebbe certamente un torto, ma tra gli indipendenti ci stanno
alla perfezione: testardi, coraggiosi ed incoscienti, continuano per la loro strada
e sfornano un altro piccolo capolavoro rock'n'roll in totale autoproduzione. Gli
altri si tengano il loro rock italiano alla moda, noi abbiamo il nostro personale
rock'n'roll dream e si chiama Cheap Wine. Sta di casa a Pesaro...non è
molto lontano.
Runners
(11-20)
11.
Great Crusades
- Never Go Home
(Glitterhouse) 12.
Rainville
- The Longest Street in America
(Rainville) 13.
Stephen Fearing - That's
How I Walk (True North) 14.
Caitlin Cary - While
You Weren't Looking (Yep Rock) 15.
John
Cate band
- V (Blue
Rose) 16.
Scott McClatchy - Redemption
(Lib recordings) 17. Danny Click
- Elvis the Dog
(Appaloosa) 18. Red Star Belgrade
- Secrets and Lies
(Blue Rose) 19. X-Rated Cowboys
- Honor Among Thieves
(FFN) 20. Slick 57
- The Ghost of Bonnie Parker
(Laughing Outlaw) |