inserito il 03/05/2006

Jeffery Foucault
Ghost Repeater
[Signature Sounds 2006]


Scusandomi per la pedanteria dell'autocitazione, adopero in guisa di incipit quanto scrissi in sede di recensione di Stripping Cane, il precedente album del songwriter del Wisconsin Jeffrey Foucault: "Questa musica, costruita con pazienza certosina e spirito artigianale da chi ancora pensa che basti affidare le proprie inquietudini a una chitarra acustica per realizzare una canzone, commuove per il solo fatto di esistere e merita ancora - lo meriterà sempre - uno spazio di riguardo nell'archivio delle nostre emozioni. Però Jeffrey Focault può osare di più." Ora, non me ne arrogherò certo il merito, ma la magnifica notizia che il nuovo Ghost Repeater comunica a chiare lettere è proprio questa, e cioè che Foucault ha effettivamente osato di più, portando a compimento un'opera che, pur non discostandosi troppo dalle coordinate stilistiche dei precedenti lavori (piacerà infatti moltissimo a chiunque abbia seguito con un pizzico di apprensione gli struggimenti tra rock e folk dei vari Greg Brown, Peter Mulvey, Lucy Kaplansky, Chuck Brodsky, Richard Shindell e compagnia cantante), sorpassa per intensità, carisma ed eccellente livello qualitativo qualsiasi titolo ascrivibile a quella categoria che per amor di semplificazione chiameremo "contemporary folk" uscito negli ultimi due e tre anni. Perché Ghost Repeater è indubbiamente un disco "folk", ed è quindi percorso da un'evidente vena intimista, com'è inevitabile collegata in profondità ai concetti di country e roots, ma sa utilizzare il linguaggio della tradizione americana con una freschezza e un'incisività lessicale che davvero non mi sarei aspettato, stavolta per di più assecondate da un bagaglio di liriche in esemplare e sinora inedito equilibrio tra denuncia civile e introspezione sentimentale. Il "ripetitore fantasma" che intitola l'album e il sublime incalzare country-rock della title-track sono infatti gli altoparlanti del consenso che da troppo tempo inquinano la vita politica statunitense, quelli che tentano, attraverso la grancassa assordante della propaganda a senso unico, l'occultamento di un paese preda di sofferenza e sgomento, dove si canta con allegra incoscienza di "pace in terra" mentre si svende la propria anima. Il tema dell'incertezza, di un'intera società o di una travagliata relazione amorosa, ritorna di prepotenza anche nella bluesata Train To Jackson e nell'orrorifico ululato di Wild Waste And Welter (entrambe debitrici del folksingin' nero pece di Greg Brown), mentre altrove, per esempio nelle melodie bucoliche di City Flower, Appeline e Mesa, Arizona, ansie e indecisioni si sciolgono grazie a inevitabili fughe nel privato. La chitarra acustica di Foucault, qui sorretto da un vero e proprio dream-team del settore che include la sei corde scheletrica e graffiante di Bo Ramsey, il basso di Rick Cicalo, i tamburi di Steve Hayes, la fisa di Dave Moore, le steel di Eric Heywood, il B3 di Nate Basinger e i ricami vocali di Kris Delmhorst, delinea con encomiabile asciuttezza le spettrali malinconie di Americans In Corduroys e I Dream An Old Lover, regalando nuova effervescenza ad accordi e partiture stagionate quanto l'arte stessa dello storytelling. Dovessi tuttavia indicare un solo titolo buono a riassumere le tante virtù di Ghost Repeater (che nelle prime copie è arricchito da un altrettanto eccellente bonus cd con cinque tracce inedite), allora segnalerei la sommessa riflessione acustica di una One Part Love semplicemente sublime per chiarezza ed armonie: l'emblema ideale per uno di quei rari album capaci di soverchiare ogni frastuono pur parlando sottovoce.
(Gianfranco Callieri)

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