inserito 31/10/2007

Anders Osborne
Coming Down
[
Mc Records/ IRD 2007]

Chi si risente. Era dal 2001, anno di grazia del capolavoro Ash Wednesday Blues, superbo intruglio di scrittura rock, umori funky e radici creole, che Anders Osborne non faceva un disco composto esclusivamente da canzoni nuove. Nel frattempo c'erano stati il divertente Bury The Hatchet (2002), una celebrazione delle tradizioni musicali della Louisiana realizzata a quattro mani con "Big Chief" Monk Boudreaux, e il devastante Tipitina's Live 2006, triplo dal vivo ad alta gradazione funk-rock pubblicato in tiratura estremamente limitata giusto lo scorso anno. C'è voluta la furia devastatrice dell'uragano Katrina, abbattutosi sul Golfo del Mississippi due stagioni fa, perché la penna di questo svedese abituato a bighellonare tra Europa e Stati Uniti tornasse a vibrare di canzoni. E che canzoni, signori miei. Onde sgombrare il campo da equivoci, bisognerà dire subito che qui non c'è nulla dell'orientamento cupo e dark utilizzato da altri nel confrontarsi con gli effetti di quella tragedia. Coming Down rappresenta soltanto il blues di Anders Osborne, il confronto sommesso con i principali ispiratori del suo songwriting (Paul Simon, Jackson Browne e Van Morrison su tutti) e il suo personale, affettuoso e malinconico saluto a una città, che è poi la New Orleans dove lui stesso risiede, piegata dalla sofferenza. Una città dove durante i "lazy days" di un'estate torrida nelle strade echeggia la voce di Irma Thomas o la tromba di Satchmo, e "tutti sanno cosa significhi". La Summertime In New Orleans cantata da Osborne attraverso una chitarra folkie, i rintocchi del piano di Gordie Sampson e le spazzole jazzy di Wally Ingram, prima che una notazione geografica e temporale indica un luogo dell'anima. Il countreggiare di una Miss You When I'm Gone giocata tra ragtime e sibili bluesy parla sì della separazione vissuta in prima persona dall'artista, la cui moglie e i cui figli hanno soggiornato in Connecticut durante i giorni dell'alluvione, ma anche e soprattutto della gaia fierezza della Big Easy stritolata e umiliata dal tumulto delle acque. Ecco perché sembra del tutto naturale che, per redigere questo cahier de doléances della carne e dello spirito, Osborne si sia affidato a lunghe ballate in tutto e per tutto debitrici del flusso di parole e di emozioni del Van Morrison targato anni '70: con la tuba di Kirk Joseph e le percussioni tribali dello djembe, il tamburo a calice originario dell'Africa; con il fiotto di coscienza di una voce che rincorre il ruggito del leone in Coming Down, l'oscurità di una notte divorante e infinita in Spotlight, la purificazione della pioggia e lo sconquasso del tuono nella stupenda My Old Heart. Derivativo? Ma lasciate perdere. Come se il dolore, la tristezza e il rimpianto, nella vita di ciascuno di noi, non fossero ogni volta uguali e diversissimi al tempo stesso. Qui, in mezzo a una Oh Katrina che macina soul come ai tempi belli e alle sventagliate di funky fangoso in When I'm Back On My Feet, ci sono tutte le lacrime piante da New Orleans quel maledetto agosto del 2005, e grandi canzoni a sufficienza per asciugarsi gli occhi e mettere di nuovo a fuoco la linea dell'orizzonte.
(Gianfranco Callieri)

www.andersosborne.com
www.mc-records.com


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