Matthew
Grimm & The Red Smear
The Ghost Of Rock & Roll
[Mud
Dauber Records 2009]
Vi ricordate di Same Old Story, primo folgorante ep d'esordio degli Hangdogs?
Un dischetto che ascoltato oggi, a quindici anni di distanza, non ha ceduto
freschezza e incisività allo scorrere del tempo. C'era incredulità riguardo
a questa band di strampalati newyorkesi innamorati del rock 'n' roll,
apparsi dal nulla come tanti altri gruppi nel pieno esplodere del fenomeno
roots-rock e segnalatisi da subito per la positiva energia delle proprie
canzoni. Sembrava quasi incredibile che, nell'ambiente urbano della grande
mela, ci potessero essere band di country-rock animate da un fremente
spirito elettrico. Gli Hangdogs erano forse la punta di un piccolo iceberg,
ma ci sapevano fare e lo hanno dimostrato con altri quattro album (l'ultimo,
Wallace
'48, è del 2003) . Poi è sceso l'oblio, perlomeno da questa
parte dell'oceano, si sa per certo che si sono riformati nel 2008 per
una data dal vivo, poi silenzio.
Si fa rivedere invece con il secondo disco solista quello che degli Hangdogs
era il cantante e autore di tutti i brani, il giornalista e a tempo perso
rocker Matthew Grimm. Più che del fantasma evocato nel titolo,
nel caso di Grimm bisognerebbe parlare di uno spirito (benigno, sia chiaro)
del rock 'n' roll, che deve averlo posseduto e che non sembra volerlo
abbandonare. Dei vecchi compagni di ventura non c'è più traccia e non
è detto che prima o poi non si senta parlare ancora di loro. Grimm intanto
si è affiancato a una nuova band, i The Red Smear, che non hanno
niente da invidiare agli Hangdogs e che anzi hanno molti punti in comune
anche a livello sonoro, tanto che spesso si fa fatica a notare una differenza
marcata. Questo è forse il limite di The Ghost Of Rock & Roll:
non sembrano esserci stati cambiamenti sostanziali tra la produzione precedente
e questa nuova fase solista.
Certo la scrittura di Grimm è sempre di buon livello e i brani sempre
belli tosti. Il piccolo intermezzo nella spedita White,
dove un inserto hip hop fa deviare la canzone per poi farla tornare alla
sicurezza di un sentiero segnato, è un esperimento curioso, ma nulla più.
Manca forse l'effetto sorpresa, man mano che si ascolta l'album la sensazione
è quella di incontrare un vecchio amico che non è cambiato più di tanto,
è maturato, ma non ci sconvolge trovarcelo davanti di nuovo dopo tanti
anni. Sono sempre un piacere comunque lo sferragliare delle chitarre di
Wrath Of God o di Ayn
Rand Sucks e la voce nasale di Grimm, un timbro che ci accompagna
da tempo, ma che non ci ha ancora stancato. Bentornato.
(Edoardo Frassetto)