Passare un lungo inverno a Milwaukee è un'esperienza dura e faticosa sia
fisicamente che psicologicamente: la neve e il mal tempo ti confinano in casa
senza voglia né tantomeno interesse ad uscire, in uno stato di semi-isolamento.
Cotton Bell, terzo album di Hayward Williams, è stato concepito
negli ultimi due anni passati nella fredda regione del Winsconsin; le nove canzoni
sono uscite fuori dalla penna di Williams contemplando il paesaggio che l'inverno
propone: desolazione, solitudine, isolamento ma anche speranza per un dolce e
pronto arrivo della primavera. Hobo, menestrello e songwriter dalla voce pungente
e soulful Hayward Williams aveva lasciato il segno con il precedente Another
Sailor's Dream del 2007, entrando a pieno titolo nella schiera dei
nuovi cantautori americani come Sam Baker, Joe Purdy, e Micah P. Hinson. L'attesa
è durata tre anni ma questo cd, dall'originale titolo, ci ripaga abbondantemente
dell'attesa con un album intenso e profondo, che purtroppo rimarrà ai margini
del music business come molti altri da noi amati. Rispetto alla precedente prova
il suono si è fatto più personale ed originale, anche se i modelli da seguire
rimangono il Dylan più intimo e acustico, il Van Zandt più profondo e malinconico,
con accenti ad un certo folk inglese da Nick Drake a John Martyn.
Rimangono
invariate le suggestioni che i suoi testi propongono e soprattutto la profondità
della sua voce che trafigge il cuore per immediatezza e semplicità. La produzione
è artigianale, con la registrazione finale avvenuta a casa del produttore Jon
Cristopher Hughes in poche takes. La raccolta si muove tra dolci composizioni
come la bellissima In Doorways, ballata che
gira intorno all'intensa voce di Hayward con contorni strumentali che rimandano
al primo Chris Isaak e l'amaro, come l'iniziale title-track, notturna e malinconica
con un sound intimo e raccolto. Mockingbird
è stata scritta osservando la neve fuori dalla finestra quando l'unica cosa da
fare sarebbe stata quella di spalarla! L'incedere è malinconico e struggente con
il suono di uno sghembo fiddle e la voce di Brianna Lane (che da il suo
contributo ai cori in diversi brani) in evidenza. This
Ain't My Bed tira su il morale con quell'andamento da vecchio waltz
arricchito da suoni jazz mentre Every Night
e I Will Understand (che tratta di delusioni
in amore) mantengono l'album su alti livelli con ballate nostalgiche, acustiche
e suonate a lume di candela che esaltano la sua tenera e a tratti irresistibile
voce. New Year's Eve è splendida e ve la lascio
ascoltare con quell'intro di chitarra e violino, quel dobro che accarezza la voce
tanto intensa quanto dolorosa, rendendola la migliore ballata realizzata dal nostro.
La lunga e suggestiva Great Plains
cantata in duo, dalle forti immagini e tinteggiature autunnali, è rifinita con
il desertico suono di un dobro e quello malinconico di un violino e apre la porta
alla hidden track Just Like Us (che ricorda
Eddie Vedder nella soundtrack di Into The Wild) interpretata in solitario con
la sua vecchia e scordata Gibson del '64, prima che le prime luci dell'alba accendano
un altro interminabile giorno d'inverno. Spero che Cotton Bell raggiunga
(ha bisogno di alcuni ascolti per essere apprezzato in tutte le sue sfumature)
il vostro cuore come ha raggiunto il mio. Portatevelo con voi e fatelo conoscere
a più gente possibile. P.S. Cotton Bell disponibile sul mercato americano
l'anno passato, è finalmente arrivato in Europa grazie alla distribuzione dell'etichetta
Machine Inc. (Emilio Mera)