inserito 31/05/2010

Rich Hopkins & The Luminarios
El Otro Lado/The Other Side
[
Blue Rose   2010
]



Rich Hopkins rispolvera la fortunata sigla dei Luminarios, accantonando per un momento il team artistico (e sentimentale) con Lisa Novak, lo stesso che aveva dato vita al recente e poco fortunato Loveland. Di fatto la Novak è entrata in pianta stabile anche nei qui presenti Luminarios, condividendo la produzione e firmando alcuni episodi del nuovo album (voce solista in occasione di Lou Reed - omaggio voluto? - sempre presente in fase di arrangiamento vocale nei restanti brani), registrato nello studio casalingo in Arizona. Sono ancora della partita Ken Andree e Bruce Halper, sezione ritmica che segue fedelmente Hopkins sin dai tempi dei Sand Rubies e Sidewinders, piccole leggende locali della scena roots rock del South West, ai quali si aggiungono questa volta i camei dai colori mexican di Javier Gamez (tromba) più una piccola serie di ospiti che fra violoncello, violino, slide guitar provano a spostare inutilmente il baricentro dei Luminarios.

La rock'n'roll band con cui il musicista di Tucson si è distinto lungo gli ultimi quindici anni di carriera continua infatti il suo percorso ostinato (e assai ripetitivo) nella direzione di quell'inconfondibile sound desertico, ricco di feedback degni del miglior Neil Young, cristalline chitarre dai riverberi psichedelici e naturalmente una buona dose di omaggi ai Byrds (Love is a Muse e U R Not Alone specialmente) e alla loro rilettura in chiave garage o post punk. D'altronde Hopkins arriva dalla scuola che fu del Paisley Underground e con personaggi come Steve Wynn e Dan Stuart non condivide solamente i luoghi aridi dell'Arizona ma una vera e propria ossessione per quelle ballate rock di frontiera, che qui prendono forma nelle cavalcate di Breathe In/Out e El Otro Lado Suite. Quest'ultima in particolar modo sembra occupare il naturale perno del disco, offrendo il titolo e la chiave per leggere il nuovo sforzo dei Luminarios nella dimensione battagliera e di denuncia, recuperata anche nel finale di Land of Broken Dreams, ma soprattutto in Guajira, dedicata alla controversa figura del dittatore Fulgenzio Batista e aperta dalla voce diretta di Fidel Castro, colto durante un suo famoso comizio.

Al centro dunque storie di immigrazione (e disperazione) lungo il border, territorio di umanità perennemente in contrasto, fra mondo ricco e povertà dilagante che evidentemente Hopkins può toccare con mano vivendoci a stretto contatto (è notizia di questi mesi la dura stretta contro l'immigrazione irregolare compiuta dal governo dell'Arizona). Di contro appaiono canzoni con un tratto più personale (Better days, Good Intentions) che sembrano però far perdere parecchio carattere al disco, d'altronde afflitto da quella staticità che ormai è un segno distintivo di Hopkins: pochi versi a descrivere una sensazione, la chitarra che si vibra subito in strali elettrici ripetendo all'infinito la lezione di Like a Hurricane, un rock dai grandi orizzonti ed epico ma a lungo andare fermo ad uno schema troppo prevedibile. Avessimo scoperto per la prima volta il suono aperto e "spaziale" dei Luminarios avremmo anche concesso qualche punto in più al disco, ma il passato conta e l'ennesima rimasticatura non inganna più.
(Fabio Cerbone)

www.myspace.com/richhopkinsandtheluminarios
www.sanjacintorecords.com



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