Pinetop
Perkins/ Willie 'Big Eyes' Smith Joined
at the Hip
[Telarc 2010]
Si è sempre animati da un profondo rispetto quando ci si appresta ad ascoltare
le nuove fatiche discografiche dei "mostri sacri" della musica afroamericana.
Spesso infatti l'amore viscerale per un musicista o per un genere musicale possono
influire sull'imparzialità del giudizio in favore di una scelta più dettata dal
cuore che dalla mente. Uno dei casi menzionati poc'anzi potrebbe essere il nuovo
lavoro del novantasettenne Joe Willie Perkins. Conosciuto ai più come "Pinetop",
il nostro rappresenta una fetta importante della storia della musica afroamericana,
avendo in passato accompagnato al piano artisti del calibro di Sonny Boy Williamson,
Robert Nighthawk ed Earl Hooker; fino ad arrivare alla sua collaborazione più
duratura e redditizia, con la Muddy Waters Band; dal 1969 fino alla prematura
scomparsa del leader nel 1983.
Dopo una carriera solista di tutto rispetto,
oggi il pianista da alle stampe Joined at the Hip, nuova fatica
in studio in "società" con l'ex compagno di scorribande proprio nella Muddy Waters
Band, Willie "Big Eyes" Smith, qui impegnato all'armonica e alla voce.
Ai due leader si aggiunge una band di tutto rispetto che vede nelle sue fila l'esperto
bassista, nonchè vecchio collega, Bob Stroger, John Primer e Frank Krakowski alle
chitarre, mentre il posto dietro ai tamburi è occupato da Kenny Smith, figlio
di "Big Eyes". Un disco questo Joined at the Hip forse non trascendentale ma sicuramente
onesto e di pregevole fattura. Compito di aprire l'album spetta a Grow
up to be a man, gradevole mid-tempo, in cui ad un intenso assolo di
piano fa da contrappunto un bel lavoro all'armonica da parte di Smith. Ed è lo
stesso Smith a firmare la quasi totalità dei brani, arrivando a raggiungere buoni
livelli di scrittura. Emblematici a questo proposito sono brani come Take
your eyes off my woman una sorta di "Got my mojo working" del nuovo
millennio, che ai tempi avrebbe spopolato nelle classifiche di settore; oppure
la lenta e sinuosa Walking down the highway.
La parte del leone spetta però a Perkins che in brani come Gambling
blues e in Take my hand precious love
ci dimostra come gli anni non abbiano scalfito ne la sua voce ne quanto meno il
suo pianismo, come ben evidenziato anche dalla tersa Grindin
man. Dal suo passato il pianista recupera inoltre due brani appartenenti
al repertorio di Sonny Boy Williamson: Cut that out
e la sempiterna Eyesight to the blind. La
prima, un vigoroso shuffle ci dimostra come i due sappiano ancora mordere nonostante
l'età, mentre alla seconda spetta il compito di chiudere un album che ha trovato
nella semplicità la sua ragion d'essere. Abbiamo ancora tanto da imparare da questi
due vecchi "leoni". (Marco
Poggio)