inserito 11/11/2009

Ian Siegal
The Dust
[Nugene records 2008]



Il nome di Ian Siegal è ormai meritatamente diffuso e conosciuto nel circuito contemporaneo del british blues. Lunga la strada percorsa, come di consueto, molti i concerti e tanto il whiskey bevuto, Ian è stato prima coinvolto nel vivace giro londinese di Lee Sankey (di Siegal la voce nel bel disco Tell me There's a Sun del 2003), Paul Lamb e Eugene "Hideaway" Bridges, poi da solista ha piazzato un'interessante produzione di validi album. A partire dagli inizi degli anni novanta con il primo album Picture Postcards Ian Siegal ha spiritualmente cercato nel blues un suono e uno stile personale, passando dal "waitziano" Standing in the morning (2004), per arrivare ai più recenti e applauditi Meat & potatoes (2005) e Swagger (2007), registrati per la Nugene Records, ai auqli si è aggiunto proprio in queste settimane il nuovissimo Broadside, già salutato dal plauso della stampa inglese.

The Dust può essere considerato l'album della maturità, la prova del nove, che ci riconsegna Ian Siegal nella forma migliore e nella condizione ideale, quella acustica senza orpelli e amplificatori. Una dimensione intima già apprezzata in una pubblicazione autoprodotta di qualche anno fa nel solitario Shake Hands With The Devil, ma Ian è migliorato pur restando autentico e fedele al suo spirito blues. La voce consumata e intensa, con sfumature che arrivano direttamente dal cuore, e uno stile chitarristico, asciutto e coinvolgente, sono in sintesi gli elementi distintivi riconoscibili in ogni nota di The Dust. Il lavoro si articola su tredici brani, tra autografi e non, di profondo spessore emotivo come Stranger Clothed In Linen e Cocaine Cannot Kill My Pain (Steve Earle, dal disco I Feel Alright), in cui la national steel è pungente nel primo brano e inquietante nel secondo.

Sfido chiunque a non riuscire ad amare brani come The Gauntiet, duettato con passione e impeto con l'amico Sam Hare, tra i pochi ospiti presenti insieme al session man BJ Cole (Beck, Bjork, Rem, Robert Plant, etc) alla pedal steel. Oltre al sentito omaggio a Mary Gauthier (I Drink), occorre menzionare la versione trascinante del traditional I'll Fly Away, spesso eseguita con enfasi dal vivo. Indovinata la scelta di inserire quattro esaltanti testimonianze live, in cui Ian magnificamente mostra le sue qualità con l'eloquente Brand New High Sheriff Blues e Dirt Road/Call Me The Wolf, tributo finale a Howlin Wolf in una suite di dieci minuti. Da ascoltare ripetutamente con la sicurezza di non restare mai a bocca asciutta per 56 minuti.
(Antonio Avalle)

www.iansiegal.com
www.nugenerecords.com



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