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vintage blues di
Pie Cantoni (31/08/2015)
Che ormai non esistano più gli "stereotipi" blues del contadino di colore che
raccoglie cotone dell'Alabama o del galeotto analfabeta che ha passato più tempo
ad Angola che in libertà, è cosa risaputa. Ma Sugar Brown sembra esagerare.
Di vero nome fa (Dr) Ken Kawashima: metà giapponese e metà coreano, trapiantato
nel freddo Canada da piccolo e ora, sulla soglia dei 50 anni, dopo che da anni
insegna Storia Asiatica (di cui ha pure un Phd - da cui il Dr), si lancia nel
Blues. Poor Lazarus è il suo secondo disco. Altro che gente che
fa dentro e fuori dalla galera, moonshine whiskey e pollo fritto. Qui al massimo
ci stanno saké e sushi e una discussione su Murakami... Va beh.
Con queste
premesse, come potrebbe suonare questo disco? Alla faccia dei preconcetti, inaspettatamente
bello, soprattutto dove Dr Ken (avrebbe potuto scegliere questo come "nom de plume")
si ricorda delle sue origini. Il materiale è principalmente scritto da altri,
ma è interpretato bene da Dr Ken e band, composta da un virtuoso dell'armonica,
Bharath Rajakumar (ok, niente battute, non è la band dell'ONU), Art Makris alla
batteria, Julia Narveson e Pat Philips a percussioni e batteria. E il combo suona
bene insieme, compatto e groovy. Dopo alcuni pezzi fra il blues e il rock anni
'50, la band si butta in Get Behind the Mule:
la cover di Tom Waits prende una piega boogie alla John Lee Hooker e Sugar Brown
ci regala la sua personalissima "rendition" del classico pezzo waitsiano. Si passa
poi a Goin' Down South, questa volta RL Burnside
e "blues delle colline". Poor Lazarus
è un vecchio brano che però, corsi e ricorsi della storia, racconta di un
povero "nero" ucciso "per caso" da un poliziotto bianco. A pochi mesi dai fatti
di Ferguson (e di tutti gli altri che si sono susseguiti, o di quelli che li hanno
preceduti, o di quelli che non sono successi ancora ma che succederanno….) la
scelta di questa cover non è affatto casuale.
Swingin' and groovin' Dr
Ken la rende attuale, sporca e da ballare in qualche fumoso locale di periferia:
Chicago o Osaka, scegliete voi. Blue Lights Hooker è un strumentale blues,
ritmo trascinato, armonica riverberata e improvvisazione sopra un giro di basso
ripetuto all'infinito. Tokyo Nagaremono (titolo
di un film giapponese anni '60 sulla yakuza, citato anche da Tarantino in Kill
Bill Vol.1) è invece pazzia allo stato puro, un blues in giapponese, un ritmo
alla Tom Waits, incluse percussioni strane e suoni glockenspiel. Il pezzo migliore.
Sembra cantata da un Antonio Inoki sbronzo a fine giornata e dopo averle prese
da Hulk Hogan. Capire anche il testo sarebbe il massimo….
Poi le canzoni
si avvicendano tra pezzi alla Bo Diddley, richiami al blues dell'Hill County e
la versione musicale di The Mad Gardener's Song (Lewis Carrol, quello di
Alice che, a leggerla bene, ha qualche somiglianza con i primi testi di Dylan...).
Chiude il tutto Weak Brain and Narrow Mind
di Willie Dixon suonata come se fosse una Ballad of a Thin Man. Degna conclusione
di un buon disco. Le radici Blues (con tutte le sue sfaccettature) e folk di Dr
Ken si sentono e il disco, sebbene non ci sia molto materiale inedito, suona bene
e con una compattezza stilistica dovuta anche alle scelte azzeccate dei brani.
Un bel lavoro quindi da parte del gruppo "canadese" e speriamo di risentire qualcosa
presto, magari con più influenze nipponiche. Potremmo vedere l'alba di un nuovo
genere musicale...