Jonathan
Scott Mixtape
Interstellare La
storia del Voyager Golden Record [Jimenez,
pp. 320]
-
a cura di Gianni Del Savio -
Un titolo che sembrerebbe quello di un racconto
fantascientifico. E per molti versi lo è. Il sottotitolo: “La storia
del Voyager Golden Record”, indica una delle più affascinanti imprese
spaziali: la missione dei Voyager I e II, “messaggio interstellare-intergalattico”,
inviato nel 1977, verso spazio e tempo infiniti (compiti e direzioni
diversi), anche con l’intento di comunicare la nostra esistenza a eventuali
altri esseri viventi, fornendo loro tutti gli elementi possibili per
decifrare i dati. Immagini, raffigurazioni di esseri umani, letture,
suoni vari e specifici brani musicali. Il supporto tecnologico è un
dischetto d’oro di 90 minuti.
Il tutto nasce da un’idea di Carl Sagan, astronomo, e Frank Drake, astrofisico
- avvantaggiati dall’allineamento di Giove, Saturno, Urano e Nettuno,
previsto per la fine dei ’70 -, e realizzato col contributo di specialisti
di ogni genere, tra cui Alan Lomax. Nel prologo, l’inglese Jonathan
Scott - critico musicale e appassionato di astronomia -, accenna
ai suoi riferimenti giovanili, che vanno dal soul al punk. Ha indagato
minuziosamente sui particolari, progettuali e realizzativi del fantastico
viaggio comunicativo che, a partire dalla sua ideazione e dalla faticosa
approvazione, ha messo in moto decine di persone. Un articolato “brainstorming”
per definirne i caratteri, il più possibile comprensibili/intuibili,
affinché qualsiasi essere del cosmo, in “vario modo” intelligente e
curioso, possa analizzare e apprezzare i fondamentali segni della nostra
esistenza.
Dimensioni e complessità dell’impresa si possono intuire partendo dalle
pagine della Appendice A (vedi elenco qui di seguito, ndr),
“Il contenuto completo del Voyager Golden Record della Nasa”, che
indica le parti in cui è suddiviso il messaggio; ognuna con le sue articolate
sottosezioni. In vario modo, sono documentati passaggi, accordi, rinunce,
diatribe, entusiasmi del fantastico progetto. Una messe di dati, ricerche,
nomi, che si susseguono con particolari specifici sulle teorie, scelte,
descrizioni, tanto che l’affascinante testo di Scott a volte risulta
appesantito da dettagli di vario genere.
I. Saluti di Kurt Waldheim, segretario generale delle Nazioni Unite
II. Saluti in 55 lingue
III. Saluti dell’ONU/Canti delle balene
IV. I suoni della Terra
V. Sequenza fotografica
VI. Breve sequenza musicale con pochi secondi di Cavatina.
VII. La musica
Eccoci alla parte che qui più ci riguarda e diverte, causando inevitabilmente
qualche rammarico per mancanza di questo o quel brano, nonché gli immancabili
“ma io al posto di…”. I 27 brani scelti intendono rappresentare tutti
i continenti e le specifiche culture, fornendo dettagli su composizioni,
interpreti, registrazioni date ed esecuzioni. Scott narra delle discussioni
e perfino di qualche litigio(!), per definire la soundtrack cosmica.
Tra i nomi portanti della cultura classica occidentale, le scelte sono
cadute su composizioni di Bach, Beethoven, Mozart, Stravinsky. Di interesse
specifico per chi segue queste “pagine”, sono le vicende che hanno portato
a scegliere Johnny
B. Goode di Chuck Berry (non gradito da Lomax…), invece del beatlesiano
Here Comes the Sun, dato che per i diritti di quest’ultima erano
richiesti 50.000$ (capitolo 7: Berry vs Beatles). Ci sono pure Melancholy
Blues di Louis Armstrong & His Seven e Dark Was the Night, Cold
Was the Ground di Blind Willie Johnson (che ispirerà il regista
Wim Wenders per The Soul of a Man, “capitolo” della splendida
serie The Blues, prodotta da Martin Scorsese nel 2003).
Anche pensando a qualche “incomprensibile assenza interstellare”, ognuno
vorrà stilare la propria playing list. E mentre scorrono queste righe,
il complesso messaggio terreste multimediale sta viaggiando e continua
a comunicare con noi: un “colloquio” che dovrebbe esaurirsi nel 2036…
Avvisate figli e nipoti.