Antonio
Bacciocchi Soul.
La
musica dell'anima [Diarkos,
pp. 347]
-
a cura di Gianni Del Savio -
Giornalista e musicista, Antonio Bacciocchi
si è fatto apprezzare per Ray Charles – Il genio senza tempo
(2017) e soprattutto per Gil Scott-Heron. Il Bob Dylan nero (2018),
artista a cui dedica questo nuovo libro e un paio di capitoli.
SOUL. Titolo in evidenza nella bella copertina. Un “genere”
fondamentale che, a partire dalla fine '50 e primissimi '60, si è diffuso
ampiamente e ha continuato a influenzare sia l'arte compositiva che
quella interpretativa, vocale e strumentale. Musica nera per eccellenza
- per niente semplice da circoscrivere e narrare attraverso i suoi interpreti,
autori, musicisti, produttori, labels -, ha le sue radici più dirette
nel gospel e si magnifica soprattutto in forma di ballad. Nel corso
del tempo, hanno contribuito affluenti “profani”, non solo afroamericani
(blues e dintorni), country compreso, con ottimi esempi, qui trattati
anche in una pagina specifica.
Peter Guralnick – studioso citato anche dall'autore del libro -, nel
suo fondamentale Soul Music (Arcana, 1987) dice: “...quando parlo
di musica soul, non mi riferisco alla Motown, che si rivolge in misura
assai maggiore a un pubblico pop, bianco. Mi riferisco a un genere di
musica basata sul gospel e ricca di emozionalità che si è sviluppata
sulla scia del successo di Ray Charles dal 1954 circa in avanti...”.
Impossibile porre rigorosi confini tematici, ma qualsivoglia etichetta-definizione
serve anche a mettere un po' d'ordine: se le vogliamo utilizzare, vanno
rispettate. Bacciocchi ne fa una storia più allargata, coinvolgendo
varie altre fonti e proprio anche il “Motown sound”. Affronta origini,
evoluzione, ramificazioni in omaggio pure a personaggi e “stili” che,
magari del soul ne rispecchiano qualche intento e/o sfumatura, ma non
necessariamente rientrano nella “definizione specifica”. Sebbene con
passaggi e considerazioni apprezzabili, nel volere racchiudere tutte
le propaggini del genere, in alcune parti il testo lascia fuori fuoco
o sospese alcune delle immagini “più pertinenti”, nonché il linguaggio
specifico (pure nell'uso alternato di “nero” e “di colore”, ndr).
Tanto per citare alcuni nomi irrinunciabili nella storia del soul, non
poco qui eludono la definizione data dallo studioso americano, trascurando
o solo accennando a figure variamente importanti quali James Carr, Solomon
Burke, Etta James, Laura Lee, Spencer Wiggins, Candi Staton, Howard
Tate, Linda Jones, Mighty Sam McClain, fino al bianco Eddie Hinton...
Così è anche per produttori e autori, tra cui Bert Berns, Dan Penn,
Jerry Ragovoy, e brani-simbolo quali I've Been Loving You Too Long
di Otis Redding.
Qua e là alcuni errori o refusi. L'inesattezza di non pochi nomi, tra
cui quelli di Edwin Starr, Jerry Leiber, Don Covay; di titoli di brani,
tra i quali Time Has Come Today dei Chambers Brothers e The
Harder They Come di Jimmy Cliff; altri di carattere diversamente
storico: Jackie Wilson non è stato componente dei Falcons; Respect
di Aretha Franklin non venne registrato agli “studi Muscle Shoals” –
che di fatto sono i “Fame Studios”, a Muscle Shoals, Alabama -, ma in
quelli dell'Atlantic, a New York. Detto ciò, quello di Bacciocchi è
un approccio interessante, anche intrigante in alcune inclusioni, come
la novantina di pagine intitolata “Contaminations”, in cui analizza
vari generi e sottogeneri (Philly Sound, Latin Soul, Soul Jazz, Northern
Soul, Disco Music, fra questi). Non stabilendo “rigorosi confini”, offre
una vasta gamma di informazioni e collegamenti, alcuni in vario modo
meritevoli d'attenzione, quali le parti dedicate ai vari Betty Davis,
Amy Winehouse, Charles Bradley, Jackie Shane, Vickie Jones e la sua
“drammatica somiglianza” con Aretha. Altre decine di nomi scorrono quali
affluenti di un fiume.
Tra gli inclusi nella classificazione soul, un bel capitolo è dedicato
a Nina Simone - che pur non amava essere etichettata con un genere specifico
-, sebbene anche con qualche riga “confusa”, intorno al suo primo album
e il milione di copie vendute di My Baby Just Cares For Me (nel
'58?). Più in tema altre pagine, come quelle riguardanti Ray Charles
e Sam Cooke, e quelle dedicate a James Brown e Joe Tex, che raccontano
della loro rivalità, non solo artistica. Incisivo e commovente il capitolo
“Malik Al Nasir e Gil-Scott Heron” dove, come in altri tratti, “soul”
può essere inteso quale elemento non unicamente stilistico-artistico,
ma anche di sostanza, ispirazione e riconoscenza. Infine, in “Black
& White”, l'autore aggiunge considerazioni sull'uso di volti femminili,
bianchi, sulle copertine di LP che, tra le altre, riguardano dischi
di Martha and the Vandellas, Miles Davis, Isley Brothers, Crystals,
James Brown. Da aggiungere anche la ragazza bionda che appare in Otis
Blue di Redding...
In coda: “Discografia consigliata”, “Bibliografia consigliata” e l'indice.