Larry McMurtry
Hud il selvaggio

Mattioli 1885
pp.198



Solo un grande scrittore, un narratore con la sensibilità e il gusto per le immagini, per i dialoghi e per l'ambiente, uno storyteller che è sempre molto vicino ai suoi personaggi, come se fossero vivi, come se fossero reali, poteva immaginarsi la vita in un ranch del Panhandle, il Texas più profondo, come un sistema solare. Sostituendo i pianeti con gli uomini e le donne che ruotano attorno ad un sole effimero chiamato di volta in volta felicità, prosperità, amore, si avrà lo scenario di Hud Il Selvaggio, romanzo d'esordio di Larry McMurtry (che è proprio il padre di James McMurtry) datato 1961 e che giunge finalmente alla traduzione italiana (a breve distanza da L'ultimo spettacolo, da cui Peter Bogdanovich trasse uno dei suoi film migliori). La trama è un intreccio di passioni, iniziazioni, deviazioni che Larry McMurtry annoda con un gusto certosino, quasi macchiavellico, ma che poi snocciola con una scrittura florida, ritmata, piena di musica (Hank Williams su tutti), di odori, di sapori e di tutto ciò che Lonnie, il protagonista, riesce a vedere. Comprese ovviamente le malefatte di Hud, un ribelle fuori posto e il crepuscolo del nonno, il proprietario del ranch, che se ne va con una frase lapidaria: "Le cose non vanno come dovrebbero, ecco tutto. C'è tanta di quella merda in questo mondo che uno prima o poi ci finisce in mezzo per forza, che faccia attenzione o meno". Un grande romanzo.

Tennessee Jones
Liberami dal nulla
Quadrup
pp.176



Dichiaratamente ispirato a Nebraska, di cui recupera persino l'immagine di copertina (con un parabrezza spruzzato di pioggia, piuttosto che invaso dalla neve, ed è già una prima sensibile differenza) l'esordio narrativo di Tennessee Jones è un coraggioso e sensibile punto di partenza. Premesso che l'ispirazione a Springsteen (nonostante il titolo della collana, Badlands) è molto relativa, nel senso che Tennessee Jones si lascia trasportare più dalle emozioni e dalle suggestioni delle canzoni di Nebraska che dal loro effettivo background culturale ed estetico (per esempio, Atlantic City sembra più legata al famoso videoclip che ai fatti reali a cui si ispirava la canzone), i dieci racconti di Liberami dal nulla riportano all'essenzialità blue collar delle short stories di Raymond Carver. Nessun paragone, per carità, ma è sufficiente notare come certi temi restino costantemente in circolo: Bruce Springsteen (e Tom Waits) ispiravano Raymond Carver, quest'ultimo ritorna nelle brevi frasi di Tennessee Jones e nel suo mondo senza speranza che si dice è permeato da Nebraska. Non è soltanto un'altra America quella che spurga dalle pagine di Liberami dal nulla, ma anche un'altra vita: disperata, raminga, ambigua, spietata e livida. Una vita da cui, come diceva Springsteen in coda a Jungleland, i poeti si tengono alla larga e allora onore a Tennessee Jones che ha avuto il coraggio di affondarci le mani e i piedi.

   

Tony Parsons
Tutto in una notte
Barbera
pp.308


Che meraviglia questo romanzo di Tony Parsons, che dolce reverie si respira nel riscoprire un'epoca perduta fra i veli nostalgici d'una Londra divisa tra istanze punk e un rock in via d'estinzione e già demodè. E' la notte del 16 agosto1977: Elvis, il re, muore. Tre redattori della rivista musicale Paper mescolano, in un'unica corsa, sogni, dubbi e spettri personali, affidandosi ad una musica che promette di liberarli dal lavoro nelle distillerie di gin e dalla violenza dei padri. Per tutti la notte ha in serbo cambiamenti fondamentali: per Terry, fidanzato con Misty, che vede la propria ragazza flirtare con la star del momento Dag Wood, quel rocker bastardo che credeva suo amico e su cui ha appena fatto un servizio finito in copertina al Paper; per Leon che rifiuta gli agi di una vita borghese in nome dei suoi ideali rossi arrivando a vivere nella comune di uno Squat; per Ray che non si vuole arrendere alla morte del Rock'n'Roll e ha tempo fino all'alba per intervistare John Lennon pena il licenziamento dalla rivista. Tony Parsons crea così la trama perfetta per lavorare sul mito - il rock, il punk, l'adolescenza, il significato vero dell'amicizia - e per indugiare in una narrazione affettuosa che non manca di perdonare le debolezze dei protagonisti e focalizzare la storia su un percorso di formazione che trasformerà i ragazzi in uomini nell'arco di poche ore. Stile battuto, ritmo frenetico, un plot narrativo che gira a mille, colpi di scena a raffica e un romanzo che ha già il sapore di un classico, Tutto in una notte mescola le chitarre elettriche e le gang, la coca con il sesso rubato, Rod Stewart e i Buzzcocks, il tutto con una naturalezza sconcertante e una felicità di scrittura che fa veramente impressione.
(Matteo Strukul)
 

Mike Davis
Il pianeta degli slum
Feltrinelli
pp.213



Favelas, barrios, bidonville o con qualsiasi altra denominazione li si voglia chiamare, gli slums rappresentano l'ultima faccia di un'apocalisse metropolitana incombente. Le rapide trasformazioni geografiche, le precarie condizioni geologiche, igieniche, ambientali e logistiche su cui sono costruiti ne fanno una realtà mutevole che ha trasformato i concetti stessi di città, metropoli, periferia. Non solo: come Mike Davis documenta, al solito in modo dettagliatissimo e pertinente, gli slums rappresentano mondi separati dove l'assenza dello stato, spesso volontaria e ambigua, genera condizioni ideali per ogni forma di speculazione, dagli affitti al lavoro minorile, non privi di connotati autoritari particolarmente spietati. Gli slums sono una realtà del futuro, sono qui, come scrive lo stesso Mike Davis: "al posto delle città di luce che si slanciano verso il cielo, gran parte del mondo urbano del ventunesimo secolo vivrà nello squallore, circondato da inquinamento, escrementi e sfacelo". Tabelle, statistiche e altri dati supportano quest'ultima profezia, ma il capitolo finale de Il pianeta degli slums aggiunge una postilla allarmante nemmeno tanto profetica, spiegando come i principali studi strategici prevedano che le prossime guerre si combatteranno proprio negli slums, e di conseguenza stiano organizzando le forze armate (americane e non solo) in quel senso e la guerra alla povertà diventa la guerra ai poveri.


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