Chemako -Chemako [Ultra
Sound Records 2012] File Under:
americana blues
di
Matteo Fratti (25/05/2012)
Un disco che piace, come un documentario da strade blu nell'America profonda,
Chemako. E un nome che sa di spaghetti western in salsa comics, come a
dire Tex Willer, Ken Parker (o giù di lì) e sangue …navajos? Azzarderemmo piuttosto
"pavesos", data l'area di provenienza della componente a sezione ritmica dai Chicken
Mambo di Fabrizio Poggi, tali Roberto Re al basso e Stefano Bertolotti alla batteria.
La voce è poi anche quella di Gianfranco Scala alla chitarra, e visti gli ospiti
in elenco, tra cui anche Jimmy Ragazzon dei Mandolin Brothers a "benedire" questo
debutto 2012 (sue le note di copertina e un intervento d'eccezione), il cerchio
si chiude in quell'area pavese nota ai più quasi come una "scuola". Non è un caso
che il fermento folk, blues e rock'n'roll di tal fatta sia nato proprio attorno
a un centro di gravitazione musicale come il locale Spaziomusica di Pavia, tempio
di cui persino oltreoceano ne ricordano i fasti. E da oltreoceano arrivano giusto
giusto gli input più decisivi per il sound dei Chemako, che là trova non soltanto
l'ispirazione, ma pure alcuni ospiti che in un incredibile trade - union legano
la provincia anglo - americana a quella lombarda. Perché se la traccia d'apertura
Red Diamond Train ha in prestito l'accoppiata
vocale di Shan Kowert e Annie Acton, l'incantevole Let
It Burn Wild vede la limpidezza acustica e cristallina di Debbi
Walton; The Ocean Song è invece traccia
ospite eseguita dall'autrice Gayla Drake Paul in una canzone d'influssi jazzati
un po' a sé nel corpus dell'album. Seguono quindi la ritmica Tears
For Breakfast di nuovo per la Acton, e l'ultima marcia elettrica Momma's
Words, con Martell Walton. Ma la faccenda non si chiude affatto sulle
collaborazioni estere, dato che il sopracitato Jimmy interviene in un bluesaccio
acustico come Dry Your Tears, con la spalla chitarristica di Paolino Canevari
proprio dai Mandolin (al piano in altre songs anche Riccardo Maccabruni); indi
d'incanto la voce di Angelica Depaoli su altre ballads e la notevole "ospitata"
della voce nera di Marcello Milanese che fa di Lost My
Way e soprattutto Falling Star (con
Maurizio "Gnola" Glielmo alla chitarra) un binomio inscindibile, tra i migliori
del lotto. Artwork di copertina a parte (rielaborabile forse più in versione "american
- oriented") Chemako è veramente un gran bel disco e una sorpresa, apprezzabile
non solo per il gusto di far musica, ma perché annulla le distanze dal West immaginario
delle nostre coordinate musicali. www.chemako.com
Daniele
Franchi - Free
Feeling [Daniele
Franchi 2012] File Under:
electric blues
di
Fabio Cerbone (25/05/2012)
Fender
d'ordinanza e blues elettrico della più classica delle scuole per Daniele Franchi
e il suo trio (Davide Medicina al basso, Andrea Tassara alla batteria): il Free
Felling del chitarrista ligure naviga nelle acque della tradizione di
Chicago, ma guardando con un occhio di riguardo anche alla lezione texana di Stevie
Ray Vaughan e al messaggio rock di Jimi Hendrix, del quale si riprende in coda
finale la breve intro di Voodoo Chile (brano tanto indistruttibile quanto
abusato in questi territori). Franchi arriva da una gavetta interessante che lo
ha portato fuori dagli stretti canoni del blues, ad esempio verso il rock d'autore
italiano e non solo: diplomato al CPM di Milano ha infatti collaborato, fra gli
altri, con Daniele Silvestri, Zibba, Africa Unite e Rigo Righetti, calcando il
palco del Premio Tenco. Logico pensare che Free Felling sia tuttavia la sua più
sincera valvola di sfogo, fotografia del suo gusto di musicista che ha iniziato
a frequentare la crema del blues italiano. Al disco partecipano quindi, in diversi
duetti, Francesco Piu (nella speziata e sudista You
Don't Love Me), Paolo Bonfanti (la più carica Anxiety
Blues, con un ottimo lavoro di slide a scaldare l'ambiente), Ray Scona
nel lentaccio Stay With Me e infine l'ospite internazionale Sean Carney
nel rifacimento di una ben nota When The Blues Had a
Baby di Muddy Waters. Ecco, quello che manca a Daniele Franchi per
uscire dal guscio protettivo è proprio l'affrancarsi da queste scelte standard,
seppure guidate da tutto l'amore e il rispetto sincero per i maestri, ne siamo
sicuri. Il rock blues dall'impronta rocciosa di Stay
Free, l'apertura swingata con Good Feeling o le trame rock &
soul della ballad I Can't Sleep Tonight hanno
un po' il difetto di ricalcare ancora una serie di stili, piuttosto che cercare
un approccio personale. Piacciono invece i tentativi di uscire dal seminato grazie
all'ambientazione acustica di Giuly, dove
appaiono interessanti e forieri di una possibile maturazione anche certi aspetti
vocali.