Alberto De Gara
Deeper
[Cusa records 2017]

albertodegara.com

File Under: folk rock d'autore

di Fabio Cerbone (09/09/2017)

Opera prima per Alberto De Gara (che firma i brani con il vero nome di Alberto Cusa), e che tuttavia svela subito un'esperienza e una qualità nella composizione dei brani difficilmente attribuibili ad un giovane autore alle prime armi. La sua storia parte infatti da lontano e leggendo fugacemente le note biografiche essenziali sembra comune a mille altri, con quella gavetta musicale che diventa soprattuto una scoperta di sé, delle proprie ambizioni, fino a trovare nella maturità il passo giusto per scrivere canzoni in proprio.

Dunque, tralasciando le avventure in duo acustico, gli esordi fra rock e blues in diversi progetti più o meno originali approdiamo a Deeper, un lavoro che desta buone impressioni per la cura minimale dei dettagli. Contraddizione apparente, perché nel suono elegante e parco di queste ballate è nascosta la chiave di lettura dell'album: arrangiamenti che partono da una scarna base folk, di volta in volta arricchiti da stralci elettrici, note di tastiere e organo, sax, archi al sintetizzatore, senza appesantire il passo, sempre attenti alla melodia e allo stile vocale di Alberto De Gara. Lui canta con toni sussurrati, a volte quasi confidenziali, toccando questioni di affetto e amore senza scadere troppo in luoghi comuni, su un terreno, sappiamo bene, scivoloso e magari per qualcuno addirittura abusato. Quello che emerge prima di tutto è l'aspetto musicale, e il suono delle parole lo segue: dall'introduzione di Tell Me ai languori bluesy di When You Were My Life (poi ripresa nel finale con toni cameristici) unisce profumi west coast (l'ombra di Crosby per esempio, nell'apertura della citata Tell Me) e lezioni di folk rock con un gusto pop più british nella ricerca delle melodie (I Don't Wanna Cry Tonight), passione evidente in particolare quando il disco intraprende strade acuistiche e intime.

Accade nella dolce Over the Rainbow, gemellata idealmente con Into my Arms, e seguita quest'ultima da Another Day Without Love, solo per voce e piano. Le liriche sembrano adagiarsi al mood musicale, con parole e confessioni semplici, a volte mettendo in evidenza la fragilità dei sentimenti: De Gara le canta, come anticipato, con un'intensità sussurrata, per sottrazione, approccio che forse non funziona in ogni occasione (Hold Me Tight, comunque intrigante nella tessitura degli archi), richiede ancora qualche sforzo nel dominare le vibrazioni della lingua inglese, ma sa adattarsi a vicenda con il timbro offerto dalla band, dove spiccano tra gli altri Roberto Uberti (piano, organo) e Alberto Steri (chitarre elettriche). Piacerebbe a questo punto che qualcuno mettesse a disposizione mezzi, orecchie e consigli preziosi per Alberto De Gara, che pare avere passo e convinzione per ambire a un'ulteriore crescita artistica.


    

 


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